Ha preso spunto dalla tradizione facendola propria e rivisitandola con uno sguardo del tutto moderno. Ad accompagnarlo il suo fedele obiettivo, da sempre artefice di quel punto di congiunzione tra realtà e sensibilità interiore tanto ricercato da Thomas Hodges. Quando si fondono capacità artistiche e spiccato senso interpretativo, il risultato è un lavoro d’eccezione dal titolo Le tre grazie, prodotto da Giuseppe Lepore per Bielle Re e presentato in esclusiva ieri da Hodges alla Casa del Cinema a Roma. Composto da trentadue opere d’arte fotografia, due monografie in edizione limitata e un video d’arte girato in presa diretta dallo stesso artista che ha affidato la composizione delle musiche a Nicky Bendix in collaborazione col produttore Dave Hennessy, famoso per aver lavorato con gli U2 e David Bowie.
A fare da sfondo alla storia delle tre donne che si destreggiano tra amore, sensualità e sessualità è lo storico Palazzo Ferrajoli. Tra splendidi saloni e finestroni che lasciano entrare nelle stanze luce naturale su cui Hodges adora lavorare, prendono vita gli scatti (settecento in totale) che ritraggono le tre donne in pose sensuali tra di loro, sdraiate su sedie o antichi divani in splendidi abiti che poi abbandoneranno per mostrarsi nella loro bellezza eterea. Le modelle de Le tre grazie, scelte con una selezione a cui hanno partecipato oltre cento ragazze, impersonano le tre figlie di Zeus (Aglaia lo splendore, Eufrosine la gioia e Talia la prosperità) raccontate dal mito. Diversa è la loro fisicità: Chu Chiao Wang, Rosa Valerio e Kelly Palacios sono rispettivamente una donna orientale, una caucasica e una di colore che raffigurano l’intera umanità.
Forte delle sue origini londinesi e dei suoi studi universitari conseguiti in Francia dove ha appreso la lingua provenzale, Thomas Hodges ha sviluppato con gli anni uno stile completamente nuovo, che lo ha portato a fondare nel 2006 Imaginism. Il movimento artistico racchiude nel nome la filosofia di pensiero con forti basi negli Impressionisti, sencondo cui l’immagine finita non si propone di fronte agli occhi, bisogna scavare in profondità per coglierne la vera essenza.
Ed è questo che è stato spiegato attraverso il corto diretto da Simone Petralia. «Quando ho cominciato a lavorare con Thomas non sapevo che a uscirne fuori sarebbe stato un vero e proprio ritratto d’autore – ha commentato durante la conferenza di presentazione il regista che con il film Emmanuel ha partecipato al Social World Film Festival 2014 – È stato come trovarmi in un film di Fellini. Non avevo nessuna trama da sviluppare, dovevo solo sfruttare al massimo le immagini cercando di valorizzare l’opera dell’artista».
Una coinvolgente e delicata lettura melanconica della storia tradizionale che sembra non slegarsi con la mitologia già raccontata in dipinti e sculture, eppure rispecchia una visione personale simbolo di un inconfondibile lavoro che conferma un’eccezionale abilità interpretativa.
Le foto sono state scattate da Beniamino Finocchiaro