Sabato sera. Cena tranquilla con gli amici in un ristorantino di campagna. Nell’aria profumo di pizza e urla d bambini.
Fino a qualche anno fa, i genitori che portavano i figli con sé a cena fuori avevano a che fare con strilli e capricci di bambini che non volevano restare seduti al tavolo a mangiare, ma che insistevano per andare a giocare fuori all’aperto. Anche d’inverno!
Lo scorso sabato, al tavolo a fianco al mio, c’erano bambini tranquillamente seduti ai propri posti che giocavano con PSP, Nintendo DS e computer portatili. Se alzavano la voce era contro i loro genitori che tentavano in qualche modo di farli mangiare.
Il ragazzino con il notebook era talmente preso dal monitor e da qualunque cosa stesse facendo (facebook o giochi vari) da non riuscire a prestare attenzione al povero genitore che gli tagliava la pizza in un angoletto del tavolino e provava ad imboccarlo tra un click e l’altro.
Da bambina, potevo portare al ristorante gli album con i colori, al massimo una barbie. Dovevo sedere composta e giocare soltanto dopo aver finito di mangiare. Poi chiedevo il permesso di alzarmi e di andare fuori con gli altri bambini. Per fare dei giochi veri.
Il gioco è un’attività fondamentale per la crescita perché stimola la fantasia, l’immaginazione e l’apprendimento di nuove abilità. I bambini imparano a coordinare il proprio corpo, a misurare lo spazio, a calcolare il tempo, a contare, a ragionare. I giochi tradizionali favoriscono la socializzazione. Nascondino, mosca ceca, un due tre stella, acchiapparella, la campana sono tutti giochi in cui è possibile muoversi in un ambiente vero, stare a contatto con la natura, con le persone. I bambini si relazionano l’un l’altro, imparano a comportarsi, si divertono a svolgere quelle attività che i grandi fanno per lavoro. Giocare a fare la mamma o il dottore significa sperimentare in anticipo ruoli e comportamenti della vita adulta, confrontarsi con situazioni future per mettersi alla prova, per prepararsi e per scegliere fin da subito le caratteristiche che entreranno a far parte della loro identità.
La maggioranza dei videogiochi invece, fatta eccezioni di alcuni con la modalità multiplayer, prevedono un solo giocatore. Il che vuol dire che il bambino o il ragazzo si troverà a passare molto tempo solo nella propria cameretta, senza alcun tipo d’interazione vera. I videogiochi inoltre hanno un potere ipnotico, nel senso che producono una forte alterazione della percezione del tempo. Le ore passano senza che il giocatore se ne accorga e diminuisce anche la capacità di avvertire stimoli, esterni come lo squillo del telefono, o interni come la fame. Il videogioco è sedentario ed induce ad assumere posture sbagliate e nocive alla salute. Con il passare del tempo si può andare incontro ad una vera e propria dipendenza da videogiochi. Secondo gli psicologi i soggetti più a rischio sarebbero minori con difficoltà di socializzazione, con tendenza all’iperattività o all’agitazione, con disturbi d’ansia o stati depressivi, o quelli a cui semplicemente i genitori non danno dei limiti. Il videogioco allontana dalle preoccupazioni o dalle frustrazioni quotidiane, crea emozioni, fa stare bene. Il minore che dedica moltissimo tempo a videogiocare trascura le altre attività, mostra una caduta nel rendimento scolastico, tende ad essere apatico e irascibile, non sta più con gli amici e può presentare sintomi fisici come mal di schiena o mal di testa.
Non sempre si verifica questo abuso di videogiochi. Molto spesso si è semplicemente presi da un gioco e si vuole vedere come va a finire. La soluzione al problema sta sempre nel mezzo. Ormai siamo nel XXI secolo e di videogiochi, computer, telefonini e tecnologia varia siamo e saremo sempre più inondati. Non ha senso vietare al bambino di videogiocare e non comprargli nessun apparecchio moderno. Basta educarlo. I genitori devono abituarlo a giocare al computer soltanto poche ore al giorno e non tutti i giorni, a fare delle pause, devono essere loro i primi a insegnargli altri giochi, i giochi che facevano quando erano piccoli, quei giochi che per quanto antiquati divertono sempre e fanno crescere. Al giorno d’oggi molti genitori sono pigri, preferiscono mettere i figli di fronte la televisione o con in mano un videogioco piuttosto che mettersi lì di sana pianta, armati di pazienza e spiegare loro i perché, i come e i quando. I ritmi di vita sono aumentati e nessuno ha più il tempo di far nulla. Ma i bambini sono sempre gli stessi, la loro voglia di giocare, di sperimentare, di scoprire, di meravigliarsi sono sempre le stesse. Così come non sono cambiate quelle degli adulti, purtroppo nascoste dai mille impegni quotidiani. Oggi è richiesto un impegno maggiore. Uno sforzo in più per ricordare vecchi giochi ed insegnarli ai propri figli.