Nelle Sale Chiablese collocate all’interno dei Musei Reali di Torino sino al 25 febbraio 2024 si potrà ammirare la mostra dal titolo, “Africa. Le collezioni dimenticate” a cura di Elena De Filippis, Enrica Pagella e Cecilia Pennacini, realizzata dai Musei Reali con la Direzione regionale Musei del Piemonte e il Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino (MAET), la Collaborazione di CoopCulture e il supporto della Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura per il programma di attività collaterali. Tra il 2022 e il 2023 i Musei Reali di Torino e la Direzione regionale Musei hanno condotto un lavoro di restauro e di recupero delle collezioni africane presenti nei depositi dell’Armeria Reale e nelle raccolte dei Castelli di Aglié e di Racconigi, e hanno sostenuto progetti di ricerca sugli album fotografici conservati alla Biblioteca Reale di Torino e nelle sue residenze sabaude.
Questa rassegna affronta il tema della colonizzazione italiana nei territori africani. Le motivazioni che spinsero l’Italia alla colonizzazione furono le stesse di molte altre potenze europee, la sete di conquista, il desiderio di sfruttare economicamente altri territori, la volontà di competere con gli altri paesi europei e non meno importante, lo scopo di civilizzare popolazioni ritenute inferiori. Il progetto di espansione da parte dell’Italia iniziò a prendere forma dopo il 1861 con l’unificazionedel paese; i governi liberali dopo l’apertura del canale di Suez, in Egitto puntarono a conquistare l’area del Corno d’Africa. Il loro interesse si focalizzerà, dapprima sull’Eritrea, la quale sarà ufficializzata come prima colonia, successivamente le mire espansionistiche dell’Italia si allargarono in Somalia, Etiopia e Libia. Il colonialismo italiano in questi territori ha lasciato delle cicatrici profonde.
Ad oggi si stima, che le vittime delle campagne di conquista e della politica di repressione siano state circa 400.000 tra cittadini etiopi, libici, somali e eritrei. Queste sono cifre approssimative, in quanto quelle reali resteranno per sempre sepolte in questi territori, i quali hanno visto fenomeni di razzismo, violenze e sfruttamento. A questa terribile cifra bisogna affiancare i crimini commessi nelle colonie ai danni di militari e civili, come l’impiego di gas in Etiopia tra il 1935 e il 1936, oppure le testimonianze della presenza di campi di concentramento, destinati alla reclusione dei dissidenti politici, dove nella sola Libia sarebbero stati internati all’interno di queste strutture oltre 100.000 persone. Inoltre, ci sono documenti che testimoniano le varie rappresaglie, come quella avvenuta ad Addis Abeba nel 1937, che nel giro di qualche settimana è costata la morte di migliaia di civili innocenti. La colonizzazione italiana in Africa non ha una memoria rilevante nel nostro paese, molto spesso fa da cornice ad eventi storici ritenuti più importanti, o semplicemente viene posta in secondo piano, ma le piaghe lasciate da questo periodo di violenza e sfruttamento non possono essere rimosse dalla memoria di ognuno di noi. Una memoria che non deve essere sepolta, ma portata alla luce per non commettere gli stessi errori e andare avanti con un progetto di dialogo e collaborazione. Infatti questa mostra ha proprio l’obiettivo di una museologia condivisa e concretamente impegnata nella cooperazione internazionale.
All’interno del percorso espositivo si potranno osservare oltre 150 oggetti tra statue, utensili, amuleti, gioielli, armi, scudi, tamburi e fotografie provenienti dalle collezioni sabaude e dal MAET di Torino, con prestiti da Palazzo Madama, Museo Civico d’Arte Antica di Torino e dal Museo delle Civiltà di Roma. Il percorso è diviso in cinque sezioni, organizzate intorno a personalità torinesi presenti nei territori africani nella seconda metà dell’Ottocento. La rassegna mette in risalto tutta la storia della colonizzazione dell’Africa partendo con gli esploratori, avventurieri e consoli giungendo sino alla spartizione territoriale con l’aggressione coloniale. Al termine del percorso è stata collocata l’installazione dell’artista etiope Bekele Mekonnen, una reinterpretazione in chiave contemporanea delle relazioni documentate dalle opere esposte. Oggi è impossibile stabilire quante opere e quanti oggetti siano stati confiscati da questi territori per andare ad arricchire le collezioni e i musei delle potenze coloniali, ma la mostra vuole essere un contributo alla loro conoscenza e valorizzazione per sviluppare un progetto contro l’oblio e la rimozione di un passato, il quale ha lasciato delle piaghe visibili tuttora.