Tutti ne parlano, tutti ci giocano, tutti si sfidano: Ruzzle è il delirio ricreativo del momento, un’applicazione per smartphone ideata dall’azienda svedese Mag Interactive e scaricata da due milioni di utenti alla settimana.
Il passatempo interattivo è la versione postmoderna dell’ormai preistorico ‘Paroliere’, un gioco in voga negli anni ‘80 che consisteva nel comporre parole corrette con le lettere scritte sui dadi di una cassetta e prometteva la ginnastica mentale alle giovani menti reduci dal Grillo Parlante, che, invece, bloccava l’arricchimento verbale a termini come ‘acacia’ o ‘tonfo’. Ma erano tempi in cui andarsene in giro con una scatoletta sotto al braccio per ammazzare il tempo era fuori da ogni contesto spazio-temporale, il gioco durava il tempo di una clessidra ed era necessario essere fisicamente presenti attorno ad un tavolo, con tanto di ‘penna e calamaio’ per segnare il punteggio ottenuto.
Adesso, però, ora che la tecnologia eleva tutti ad amici virtuali dovunque essi siano, dappertutto può scovarsi un avversario, sia esso vicino di banco o lontano dei chilometri, e la destrezza linguistica può essere dimostrata ovunque, in fila alle poste o nell’attesa dell’autobus. L’obiettivo è scovare il maggior numero di parole nelle 16 lettere di una scacchiera e totalizzare il punteggio più alto in due minuti di tempo, per vincere in tre round ed esibire sulla bacheca di Facebook il trofeo di quel riconoscimento, elargito da una specie di Accademia della Crusca confinata nello spazio di uno schermo touchscreen.
Una sciocchezza, insomma, una leggera alternativa alla vetusta Settimana Enigmistica e al Sudoku che tempo fa affaticava le meningi degli adepti, con l’aggiunta vantaggiosa di essere una sfida facile e veloce: “Due minuti”, pensi, “solo due minuti”.
Ma poi, inconsapevole, quel breve lasso di tempo alimenta l’idea che aggiungere due minuti ad altri due non è nulla, la rapidità istiga la reiterazione per diventare mania e l’ipnotico stordimento replica il ciclo cadenzato di “tocca a te–primo round–rivincita”.
Federico Tonioni, direttore del Centro per le psicopatologie da web del Pollicino Gemelli di Roma, mette in guardia: “Ad aprire le porte all’atteggiamento compulsivo è il meccanismo dissociativo attivato dal videogame. Il passaggio da semplice gioco a dannosa dipendenza è facilitato dalla possibilità di giocare più partite nello stesso momento”. “L’uso moderato è positivo”, continua l’esperto di Internet-dipendenza, poiché “quando giochi, stacchi totalmente dalla realtà, sei totalmente assorto. Si tratta di una fase naturale, ma breve, che proprio come la pausa caffè è utile al pensiero cognitivo per poi funzionare meglio”.
Ma l’inghippo sta proprio là, in quella misura della “moderazione”, perché Ruzzle è tazzina senza fondo, è caffeina elettronica di cui si comprende l’abuso quando di notte la testa tocca il cuscino e quelle sedici letterine diventano graffiti colorati sul muro grigio del cervello che, intorpidito ma pur vigile, invano cerca il sonno tra 426 possibili ‘COMBINAZIONI’ (AZIONI-COMBINA-CAMBI-CAMBIO-AMBI…… ).
Ruzzle, la mania ludica del momento, celebra il de profundis alle goliardiche sfide da osteria, congeda le carte napoletane e licenzia picche e quadri, per lobotomizzare, una volta per tutte, le capacità lessicali del popolo ‘smartphonizzato’.
Addio a scopa, briscola e tressette, dunque, perché oggi le sfide si non si affrontano guardando in faccia l’avversario di fronte, ma con lo sguardo basso fisso su una foto-profilo dalla doppia dimensione.