“È un piccolo passo per un uomo, ma un balzo da giganti per l’umanità”. Con queste parole, pronunciate la notte tra il 20 e il 21 luglio 1969, Neil Armstrong, il primo uomo sulla Luna, scrisse una nuova pagina della nostra Storia. Oggi, a distanza di quasi 42 anni da quell’evento straordinario, aspettiamo che altri coraggiosi pionieri ci portino alla scoperta di mondi lontani.
Intanto, dopo le missioni Apollo la tecnologia aerospaziale ha fatto importanti passi in avanti. A partire dal primo volo dello Space Shuttle Columbia nel 1981, andare nello spazio è diventata una routine e in anni recenti ben 7 sono stati i “turisti spaziali” che, pagando profumatamente, si sono tolti lo sfizio di raggiungere la ISS (International Space Station) a bordo di una navicella russa Soyuz. Ma ci si domanda se siamo pronti per fare un ulteriore passo in avanti e aprire finalmente le frontiere dello spazio all’uomo comune. La tecnologia che finora ha permesso i voli spaziali non è infatti esente da difetti. Ogni lancio ha un margine di rischio calcolato, e questo astronauti e addetti ai lavori lo sanno bene.
Lo Space Shuttle, che con l’ultimo volo della navetta Atlantis fissato per il prossimo 8 luglio andrà definitivamente in pensione, ha rappresentato la base del cambiamento. Ma si è trattato comunque di una tecnologia sperimentale. Di certo la navetta riutilizzabile è stata per anni il fiore all’occhiello della NASA, ma i due gravi incidenti del Challenger (1986) e del Columbia (2003), che hanno causato la perdita di 14 astronauti, hanno mostrato i tanti difetti strutturali di quella che è stata definita la macchina più complessa mai costruita. Che si tratti delle mal funzionanti giunture ad anello di gomma che fecero esplodere il Challenger a 75’’ dal lancio, o i mattoni refrattari che cedendo sbriciolarono il Columbia sui cieli del Texas, parliamo in entrambi icasi di problemi relativi a un progetto che, anche per motivi economici, nacque da un compromesso.
Lo Space Shuttle nelle intenzioni della NASA avrebbe dovuto essere il simbolo dell’opportunità offerta a tutti di volare nello spazio. In questo senso la navetta spaziale non ha portato a compimento la sua missione. Probabilmente ci riusciranno i suoi successori. Niente a che vedere con la rudimentale tecnologia che scagliò come una fionda i primi uomini in orbita, fino alla Luna. Oggi non si tratta più di mettere uno o più astronauti sulla cima di un razzo militare e spararli verso l’ignoto con un computer paragonabile a un vecchio Commodore 64, ma di sviluppare una tecnologia in grado di realizzare un velivolo che possa decollare come un normale aereo, uscire dall’atmosfera, per poi rientrarvi e atterrare. Progetti futuristici si affacciano sulla scena, alimentando ancora una volta l’entusiasmo degli appassionati.
Quello dei voli nello spazio è ritenuto oggi un settore commerciale interessante. Numerose compagnie sono state fondate per intraprendere un flusso di voli commerciali redditizio. L’offerta prevede soprattutto voli suborbitali (100-160 km di altezza) di brevissima durata. Giusto il tempo di godere l’ebbrezza dell’assenza di peso e di osservare la linea curva dell’orizzonte terrestre e le stelle che si stagliano sul fondo nero dello spazio vuoto. Space Adventures, Virgin Galactic, Starchaser e Blue Origin sono alcune delle imprese nate alloscopo. I costi si aggirano intorno ai 200.000 dollari a passeggero. La Virgin Galactic ha in programma la messa in orbita di una astronave commerciale nel 2011 – 2012, col nome di VSS Enterprise (SpaceShipTwo), con tre soli giorni di addestramento previsti prima del lancio. Nulla in confronto ai mesi di addestramento cui vengono normalmente sottoposti gli astronauti.
Forse davvero una nuova era spaziale sta avendo inizio.