Il baratto è tornato. Antica forma di commercio in un periodo di austerity.

Quello che non uccide fortifica”. Parafrasando le parole di un noto filosofo tedesco verrebbe da pensare che la crisi economica che il nostro Paese sta attraversando possa condurre a una revisione degli stili di vita di ognuno di noi ed un uso più intelligente delle risorse di cui disponiamo. In questo momento storico così delicato sono molte infatti le persone che decidono di ricorrere a forme elementari di commercio e in generale ad uno stile di vita più sobrio e sostenibile. Allo stupore inziale di fronte alla scelta di un ritorno agli stadi primitivi della nostra vita economica, coloro che già da qualche tempo ricorrono a questa forma di pagamento, rispondono: “Esiste qualcosa che non possa essere barattato?” Ok, escludendo l’amicizia, i sentimenti, la dignità personale e tutto quello che possiamo intuire dal nostro vago senso morale come deprecabile, forse varrebbe la pena di riconsiderare lo scambio elementare di un bene o di un servizio professionale come modalità di pagamento.

Quella che va delineandosi negli ultimi tempi è però una forma di commercio molto diversa rispetto a quella delle economie arretrate. L’esigenza di scambiare un prodotto con un altro può rientrare in uno degli effetti dell’eccesso di “mercatismo” secondo il parere di Piero Alessandrini, ordinario di Politica monetaria presso l’Università di Ancona. Il professore spiega come “il consumismo sfrenato ha fatto accumulare stock eccessivi di beni e il baratto permette di “sgonfiare la bolla, allocando meglio tali risorse“. Abbiamo quindi accumulato oggetti di cui a volte non sentivamo il reale bisogno perché acquistati in un momento in cui la nostra economia era lanciata a pieno ritmo. E se la rete fosse un mezzo per far incontrare esigenze diverse suggellando anche amicizie a latitudini prima insperate?

La storia di Paolo Severi, barista di Jesolo,  dimostra come da reali necessità derivino spesso idee di successo. Qualche anno fa il signor Severi doveva disfarsi di un divano ancora in ottime condizioni. Decise così di venderlo su Ebay ad una coppia di Bologna al prezzo di 1 euro. Una cifra simbolica che però ha fatto nascere in lui l’idea di aprire nel 2006 il sito Zerorelativo dove promuove il libero scambio di oggetti tra utenti che non vogliono ricorrere alle normali forme di pagamento e allo stesso tempo sono intenzionati a costruire nuove relazioni. Il meccanismo è semplice. Grazie al suo sito si possono proporre beni e servizi barattabili. C’è anche la possibilità di compilare una lista di desideri in modo da invogliare gli eventuali barter (vengono così definiti i barattanti sul sito) a proporre a loro volta oggetti di cui vogliono disfarsi. Oltre al baratto il sito prevede anche la possibilità di donare alcuni oggetti o di prestarli per un certo periodo di tempo. Internet sta rivelando in questo caso il vantaggio di eliminare i confini territoriali garantendo il rispetto dell’anonimato.

Fin da subito l’idea del signor Severi si rivela vincente: oggi infatti il sito ha raggiunto le 200mila visite mensili e nell’ultimo anno sono stati conclusi 11mila baratti. E a chi gli fa notare di aver costruito il suo progetto su un ideale forse un po’ troppo utopistico, risponde con franchezza: “Il baratto può essere una forma di partecipazione e di emancipazione e orientare verso stili di vita e di consumo più attenti e consapevoli“. Prosegue: “Il nostro vuole essere solo un invito a spendere in modo più intelligente i soldi e a fare più attenzione prima di disfarsi di qualcosa“.

L’insegnamento che si ricava da questa storia è che il valore che attribuiamo alle cose è relativo per cui ciò che per noi vale zero, per altri può avere più valore.

Info: www. zerorelativo.it

Chiara Cianfarani

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Un commento su “Il baratto è tornato. Antica forma di commercio in un periodo di austerity.”

  1. Abbiamo organizzato un evento, chiamato “Passamano”; si tratta di uno swap party, dove abbiamo fatto sì che gli abiti passassero di mano in mano, uscendo dai nostri armadi (dove restavano inutilizzati) trovando nuova vita nell’armadio di altri. E’ stato un modo per sperimentare lo scambio come forma di relazione, come modo diverso di pensare, svincolati dal valore commerciale dei capi.
    Si è creata un’atmosfera di festa, molto giocosa, dato che lo spirito della proposta è stato colto da tutti i partecipanti. Niente tristezza di crisi (ci siamo comunque scambiati qualcosa di superfluo, a ben vedere), ma interessante esperimento per provare a scardinare una mentalità del consumo che ormai è arrivata ad un punto di crisi. E quindi merita di evolvere.

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