Se è vero che i computer e Internet sono ormai elementi dell’esistenza di ciascuno di noi indipendentemente dall’età, non c’è dubbio che gli adolescenti di oggi ne siano i più coinvolti, poiché sono nati quando il mondo digitale si era ormai imposto. E di sicuro c’è una differenza tra chi ha vissuto parte della propria vita in epoca predigitale e vi si è poi avvicinato con tremore e timore, rispetto a chi li ha trovati nella propria culla, addirittura in una sala parto puntualmente ritmata da un computer.
Ma chi è l’adolescente “digitale”, da chi viene educato? Partiamo dal presupposto che per capire un allievo occorre conoscere le modalità con cui esplora il mondo in cui si trova. È evidente che la scuola, non di certo digitale, è una fra i tanti impegnati a educare una generazione digitale..talvolta senza capirla.
Quello che oggi a tutti gli effetti può essere considerato digital word è un mondo analogico, diverso dal mondo razionale, causale e progressivo. Il mondo digitale è quello dello “yes or not”, non lascia spazio al dubbio, alla dimensione del tempo che passa. Tutto nel mondo analogico è al presentee non ammette il futuro: una cosa è oppure non è, si mostra nel modo A oppure nel modo B. Non serve quel particolare procedere della mente che, partendo da un dato dell’esperienza, attraverso processi induttivi o deduttivi, per associazioni o distinzione, porta al concetto. Tutto è rimandato ad un atto operativo, legato al gesto del cliccare, del premere quel bottone che apre la pagina della risposta richiesta. E la dà in modo assoluto anche se, paradossalmente, è un assoluto del momento, di quell’atto.
Ma pensiamo a un elemento che caratterizza le generazioni digitali: l’attenzione. L’attenzione della nuova generazione di adolescenti è molto selettiva e risponde in particolare ai sensi della vista e dell’udito diversamente dalle generazioni precedenti in cui era invece prevalentemente tattile. Il tatto, se si esclude quello dei polpastrelli degli indici che cliccano, si è fortemente impoverito.
A dominare, piuttosto, è la vista, ma non perché si rivolge al mondo del concreto, quello che un tempo si chiamava reale, ma al mondo del video che è il luogo in cui si rappresenta e si consuma la vita digitale. Al secondo posto troviamo invece l’udito che è ormai continuamente stimolato in modo particolare dalla musica, ma anche dalle parole e dai rumori. Tant’è che si può dichiarare ufficialmente morto il silenzio in questa generazione.
Un altro aspetto che caratterizza la digital generation si lega alla memoria. Addirittura, secondo alcuni psichiatri della New York Academy of Sciences, scompaiono alcune capacità mnemoniche che non vengono più stimolate. Viene impoverita la memoria verbale, quella del racconto sequenziale, la memoria del tatto. Senza memoria verbale, ormai delegata a quella digitale, diventa impossibile formulare un pensiero articolato proprio perché l’uso della parola viene perduto, ridotto a suono, manca del contesto e quindi anche del significato che possiede e che deve essere di dominio comune per poter comunicare. Non a caso la generazione digitale sembra aver rinunciato alla relazione interpersonale a vantaggio di quella digitale che è visiva e auditiva. Ne deriva che la lettura di un libro, di un romanzo, per un giovane adolescente non solo è rifiutata ma addirittura non è comprensibile perché manca l’attenzione richiesta. I famosi sms ne sono la conferma: rappresentano ormai la lingua della digital generation, che si serve della concretezza, della stringatezza, di neologismi, e usa una scrittura plastica in cui le vocali e le consonanti si uniscono a segni grafici propri del disegno.
Un mondo digitale, insomma, che corrisponde, seppure in parte, a quello virtuale, dunque al mondo che non c’è, che oppone resistenza a tutto ciò che è «fuori di noi». Una realtà che si nutre esclusivamente di video e digitalizzazione. E quando te ne stacchi sei preso da angoscia..una sindrome che passa quando ritorni nel mondo del virtuale. Ma c’è una fondamentale caratteristica che lo rende attraente: se qualcosa non piace, si clicca e lo si fa sparire. Off.
By: Elisabetta Di Zanni