Coco Chanel, pseudonmio di Gabrielle Bonheur Chanel, è stata e lo sarà sempre l’audace e celebre stilista francese capace con la sua opera di rivoluzionare il concetto di femminilità, e di imporsi come figura fondamentale del fashion design e della cultura del XX° secolo. Lei non fu solo una grande artista, ma sopratutto una grande donna all’avanguardia per l’epoca in cui viveva, una donna imprenditrice di se stessa, e la prima a sfatare alcuni miti maschilisti, che riguardavano la figura femminile come l’introduzione del pantalone come capo d’abbigliamento per la donna, visto come un tabù agli inizi del Novecento. E’ proprio in questo periodo che Chanel è diventata il più importante personaggio nella moda anche grazie alla grande considerazione che aveva di se stessa, e ad uno spiccato senso della comunicazione. E proprio per queste sue caratteristiche aveva ben chiaro, che per avere successo sul mercato occorreva imporre una propria marca di prestigio caratterizzata da uno stile inconfondibile. Durante tutta la sua vita Chanel ha saputo presentarsi come la prima a proporre un’interpretazione moderna dell’eleganza femminile, sopratutto grazie al fatto che ha saputo dare di sé, indossando spesso i propri vestiti, un’immagine di donna vincente e sintonizzata con il bisogno collettivo d’emancipazione sociale manifestato dalle donne in quell’epoca. Se appare eccezionale, è perché sintetizzò, pubblicizzò e incarnò con maggiore successo di altri un look che erano in molti a creare, uno stile intramontabile tuttora, e mai demodé.
Senza tempo, come il suo particolare stile, è la sua essenza per eccellenza, Chanel N°5, profumo consacrato a mito e celebrato ancora oggi con una mostra, dedicata alla sua storia e al suo successo nel tempo. Ospitata dal 5 Maggio al 5 Giugno al Palais de Tokyo a Parigi, Palazzo destinato all’esposizione dell’arte contemporanea, l’esposizione sarà l’occasione per analizzare il rapporto tra il profumo e la sua epoca d’esordio, con le correnti avanguardiste che l’hanno attraversata. La mostra parigina dal titolo ” N°5 Culture Chanel” sarà dedicata a tutto l’universo artistico e culturale che circondò Mademoiselle Coco, e che sopratutto la ispirò nel suo percorso creativo nella creazione delle sue icone di stile. Dal suo debutto al Museo Pushkin di Mosca nel 2008 e seguita dalle esposizioni a Pechino nel 2011, al National Art Museum of China, e a Shangai al Museum Contemporary Art, l’esposizione parigina ha come focus principale il profumo del marchio. Attraverso opere d’arte, fotografie, film, archivi e oggetti si intende ripercorrere l’intero immaginario che ha nutrito l’estro di Chanel. La mostra, curata da Jean-Louis Froment, con la partecipazione di Irma Boom, Piet Oudolf, Laurent Burgisser et Jérôme Schlomoff, racconta i codici stilistici della maison nel tempo, anche grazie alle opere dei grandi artisti della sua epoca da cui traeva ispirazione come Pablo Picasso, Salvador Dalì, Jean Cocteau, Pierre Reverdy, Francis Picabia, Man Ray e Constantin Brancusi. Il N°5 di Chanel è la rappresentazione olfattiva del cubismo, del dadaismo e del surrealismo, correnti artistiche che aspiravano tutte alla modernità assoluta.
Il celebre N°5 nacque nel 1921 grazie alla collaborazione di Chanel con il chimico di Grasse Ernest Beaux, che miscelò per la prima volta essenze naturali e componenti sintetiche, che avevano il compito di stabilizzare la fragranza e farla durare nel tempo. Chanel voleva distaccarsi dal romanticismo dell’epoca spiegò – “Non voglio nessun olezzo di rose o mughetto, voglio un profumo elaborato”. E così fu. Venne creato un profumo totalmente nuovo che non somigliava a nessun odore riconoscibile, a nessun fiore in particolare e non ad una singola essenza. L’insieme degli ingredienti era dosato alla perfezione tanto da realizzare una fragranza gradevole e artificiale. Nasceva così un nuovo ideale di profumo “[…] un profumo femminile che odora di donna, perché una donna deve odorare di donna e non di rosa” diceva Chanel.
Mademoiselle diede nome alla fragranza N°5, in quanto corrispondeva alla quinta essenza scelta da lei. La confezione era una semplice bottiglia di farmacia trasparente con una etichetta bianca con la scritta nera. L’insieme costituiva un’assoluta novità nel campo della profumeria, qualcosa che si presentava al pubblico con la stessa forza d’avanguardia di una creazione astratta. La stessa onestà che Chanel ricercava nell’invenzione di una divisa per la donna emancipata era alla base della proposta di un lusso come il profumo. Anche nel campo della profumeria, come in quello degli abiti, la pioniera Coco aveva stupito tutti: Chanel N°5 fu la prima realizzazione a uscire dalle sue boutique per intraprendere la strada dell’industria. Infatti nel 1924 Coco stipulò un contratto con i Wertheimer, proprietari di Les Parfumeries Bourjois, la più grande casa francese di cosmetici, per creare una nuova società, Les Parfumes Chanel. “L’effetto culturale che accompagna N°5 e l’aurea singolare che lo circonda, offrono a questo profumo l’immortalità e gli permettono di attraversare le epoche senza timori” spiega Jean-Louis Froment, direttore della mostra.
“La semplicità è la chiave di volta per la vera eleganza” rivelava Chanel nel 1923 alla rivista Harper’s Bazaar, ed è su questa imprescindibile caratteristica, che Mademoiselle Coco basava tutte le sue creazioni, che la rendevano un’icona di stile intramontabile nel tempo. Infatti il suo mood si rifaceva alla vita comune delle persone che la circondavano e alla cultura artistica nella quale viveva, per dare così all’abbigliamento quella praticità che la Belle Époque aveva sostituito con bustini, corsetti e impalcature per cappelli. Coco Chanel rappresentò il nuovo modello femminile che si instaurò nel Novecento, una donna dinamica, che lavorava e che offriva contemporaneamente alle altre donne un modo di vestire, di vivere e di pensare lontano da tutto ciò che rendeva la figura femminile schiava di un’epoca.
Chanel sapeva cosa significasse la libertà di movimento di un abito maschile. Se gli uomini avevano adottato una divisa simile che li rendeva agili al lavoro, dovevano farlo anche le donne. L’eleganza difatti, secondo Mademoiselle Coco, veniva dalla funzionalità e dall’adeguatezza alla situazione, e non da piume, ricami e vitini da vespa. Nessun altro couturier come Chanel aveva saputo effettuare nell’ambito della moda una così ben fatta traduzione di quel processo di emancipazione intrapreso dal movimento femminista nei primi decenni del secolo. “Finiva un mondo, un altro stava per nascere. Io stavo là […] Avevo l’età di quel secolo nuovo, che si rivolse a me per l’espressione del suo guardaroba. Occorreva semplicità, comodità, nitidezza: gli offrii tutto questo a sua insaputa.” diceva Coco Chanel. Essa aveva reso l’abito femminile da un lato più maschile, dall’altro più semplice, austero e pratico, adottando una linea di rigore e limitando le variazioni del jersey ai sobri ricami e alle bordure di pelliccia o all’accostamento della tinta unita a righe colorate o allo scozzese.
Blazer marinare e gonne morbide erano la sua migliore soluzione. Accanto al jersey cominciavano a rendersi disponibili anche tessuti più pregiati come il raso, il velluto, lo chiffon e il pizzo chantilly. La moda di Chanel è stata influenzata da diversi fattori di ordine biografico, come le sue umili origini, i diversi fidanzamenti, e i mutamenti sociali in cui ha vissuto. Tutto ciò si riversa nelle sue creazioni e nell’interpretazione che dava all’eleganza femminile, tutta imperniata su linee pure e pulite, agili e sobrie, ovvero eliminando il superfluo. Chanel ha utilizzato per i suoi abiti d’alta moda i codici del lusso, ma collocandoli agli antipodi dell’enfasi aristocratica in quanto il suo stile era e doveva essere essenziale, ridotto al minimo, discreto e privo dei segni di ostentazione. Nonostante ciò continuava sempre e comunque a comunicare un’immagine sociale di prestigio attraverso i dettagli e le rifiniture.
Per l’utilizzo di materiali umili e di derivazione russa Chanel venne chiamata regina del genere “pauvre“, una povertà di lusso molto moderna e snob. Ella riusciva a tradurre in un linguaggio che piaceva alle signore dell’alta società gli elementi vestimentari maschili più lineari e disadorni, trasformandoli in segni di libertà, ma anche di grande distinzione. La ricerca di Coco mirava ad un oggetto preciso, ovvero realizzare un abito che fosse funzionale alla vita moderna e che andasse bene a quelle come lei che si vestivano per lavorare e vivere nella società.
Nacque così nel 1926 le petite robe noir, l’abitino nero per eccellenza, che poteva essere indossato in qualsiasi occasione, la cui destinazione d’uso era indicata dagli accessori con cui veniva abbinato. I gioielli infatti per Chanel avevano una funzione importante, ovvero decorare e rendere femminile un abito e individualizzare il modo di portarlo rendendo elegante anche un capo uniforme. Il denominatore comune all’estetica della vita quotidiana secondo Chanel doveva essere il comfort, e il principio a cui era sempre fedele era la funzionalità dell’abito, ricercata incessantemente sia nei capi sportivi, sia in quelli maschili.
Chanel inventò dunque un’ uniforme che poteva essere indossata da tutte le donne, e l’unica distinzione stava nel saper portare quell’abito, nell’essere abbastanza giovani e moderne da essere chic in un vestito “dal taglio monacale”. Karen Karbo fa notare come Chanel sia stata influenzata dagli anni vissuti con le suore e del suo amore per il bianco, il nero e l’austerità, elementi che si specchiano nella sua collezione. Mademoiselle Coco propose un modello vestimentario che era prima di tutto il suo, e lo impose attraverso un tipo di vita pubblica che sovvertiva tutte le regole del perbenismo borghese. Il suo stile era lo stile di vita personale della donna Coco, quella che riempiva i rotocalchi con le sue storie d’amore, quella che frequentava il bel mondo, quella che lavorava in un atelier si specchi e acciaio e abitava in una casa arredata con mobili antichi e paraventi Coromandel. Il suo progetto di stile diventava sempre più chiaro e non soggetto ai repentini cambiamenti di moda che caratterizzavano il decennio. Diana Vreeland diceva che i suoi completi erano disegnati alla perfezione, ” il taglio, la linea, le spalle, il giromanica, la jupe mai troppo corta […] ne fanno ancora oggi il modo giusto di vestire”.
Costruire una divisa, o una macchina perfetta, come scrivevano alcune riviste del tempo, per vestire il corpo femminile era il suo lavoro principale, il tutto per realizzare l’oggetto perfetto che avrebbe risposto a diverse esigenze, quali duttilità, eleganza e movimento. Il materiale passato alla storia, per realizzare il suo tailleur oltre al jersey è il tweed, che conferiva al capo morbidezza ed elasticità. Il completo era dunque composto da una giacca, una gonna o vestito senza maniche e una blusa, che insieme costituivano l’indissolubile pezzo cult calcolato in ogni minimo particolare. Alla fine degli anni Venti il suo stile è il più ricercato in assoluto e il suo obiettivo era stato raggiunto: abiti dritti e semplici, giacche e blazer sportivi, colori neutri, materiali morbidi, e i suoi tanto amati cappelli, da cui furono eliminati gli elementi decorativi e ridotte le forme per renderli portabili in una vita più attiva, e infine i gioielli finti andavano ad abbellire e ornare i suoi capi.
Chanel era dunque in grado di offrire alle donne un modello rassicurante in cui identificarsi, e con il passare del tempo le sue proposte sono andate sempre più a rappresentare socialmente un distintivo che Jean-Marie Floch ha descritto come il risultato di una continua tensione tra un’estetica di tipo classico e una di tipo barocco, ovvero tra una silhouette semplice e lineare dell’abito e piccoli accessori che svolgono una funzione decorativa, come i gioielli, le perle o le catene. E’ proprio per questi motivi che negli anni Sessanta Roland Barthes definì lo stile Chanel con il termine Chic. Secondo il semiologo francese, nel suo libro “Il Senso della Moda”, “nell’estetica dell’abbigliamento c’è un valore molto particolare, a volte paradossale, che riunisce la seduzione e la durata e questo è appunto lo Chic”. Lo Chic permette ed esige se non l’usura dell’abito almeno il suo uso. Esso “ha orrore delle apparenze del nuovo […]” . Lo Chic, che è un tempo sublimato, è il valore chiave dello stile di Chanel. Tuttora l’identità dello stile Chanel si basa su questo concetto di Chic, il quale rappresenta il risultato del tentativo di raggiungere un punto di equilibrio tra l’indispensabile bisogno di sorprendere il proprio destinatario spettacolarizzando i codici utilizzati per comunicare, come le pirotecniche sfilate di Karl Lagerfeld, e il bisogno di continuità, espresso ad esempio da quella classicità che è innata dello stile Chanel, nella forma delle confezioni dei profumi o nel logo della marca contraddistinto dalle due C intrecciate. Chanel si eleva quindi, come sottolinea Barthes, tra seduzione, ovvero strategia comunicativa tesa a colpire e ad attirare l’attenzione dello spettatore, e la durata, ossia l’orientamento verso la continuità temporale.
Lo stile di Coco Chanel rappresenta dunque, la giusta soluzione per la necessità strategica di ogni maison, ovvero dare continuità a se stessa. Una soluzione che la maison ha perseguito tenacemente con grande determinazione anche mediatizzandosi, seguendo cioè le regole della comunicazione trasmessa attraverso la crossmedialità. E’ infatti del 1955 lo spot in cui Marylin Monroe dichiarò di andare a dormire con solo cinque gocce di profumo Chanel N°5. Oggi Chanel ha aggiornato i suoi codici e valori di riferimento ed è andata a costituire una figura di donna che è astratta rispetto al reale, eterea e immateriale. La componente classica che l’ha caratterizzata è andata sempre più a prevalere nell’estetica di Chanel, contribuendo a farle assumere quella caratteristica di natura intramontabile che ancora oggi rappresenta.