Sette macchine da cucire e un congelatore gigante: trasformare il pelo di un animale morto in un capo di alta moda si può. Elettrocuzione anale addio.
Gerry Armsworthy, settantatrenne canadese, è riuscito a crare un business attraverso le carcasse di animali morti ritrovati in strada. Le vie della sua città, Saskatchewan, ne sono piene. Le cifre? Cento pezzi all’anno e un prezzo che cambia in base alla reperibilità della carcassa. Il pelo di tasso è il più ambito.
Coyote selvatici, volpi e procioni vengono impacchettati e caricati su una Cadillac CTS. Poi arriva la parte stomachevole – c’è sempre una parte stomachevole quando si tratta di vestirsi di pelliccia animali-. Durante l’impatto con una macchina, una delle prime cose a rompersi sono le viscere. Questo comporta cattivo odore, una puzza pestilenziale nel momento della scuoiatura. Poi ci vogliono una settimana per la concia e un’altra per rendere la pelle morbida. Segue la creazione del modello, avere una sorta di Mani di fata della pellicceria è fondamentale. Moderno Prometeo della moda, l’eccentrico della pelliccia per morte naturale vende i suoi accessori nei mercatini artigianali di Saskatchewan e su commissione. Un’unica condizione: nessuna carcassa di cane o di gatto.
Sebbene scevra di motivazioni ecologiche, reinventare carcasse animali potrebbe essere un passo avanti nel confronto tra la moda – quella non vegana- e gli animalisti – quelli non fanatici, soprattutto dopo le ultime accuse mosse alla PETA. L’associazione è colpevole, secondo i documenti ufficiali del dipartimento dell’agricoltura dello Stato della Virginia -ripresi dalla rivista The Atlantic– di sopprime la gran parte di cani e gatti che si rifuggiano nella sua sede centrale di Norfolk, in Virginia.
Che siano coyote, volpi, tassi, cani o gatti poco importa. Una vita, seppure animale, merita dignità con buona pace della moda, della pellicceria e degli animalisti.