PPR non esiste più. O meglio, non esiste più l’acronimo che stava per ‘Pinault Printemps Redoutem’. Uno dei gruppi del lusso più celebri al mondo abbandona lo storico nome e ne adotta uno più moderno, svincolato dai marchi che possiede (come Gucci, Yves Saint Laurent, Bottega Veneta e Brioni) e che strizza l’occhio all’inglese. Da PPR a Kering: una parola che ricorda il verbo inglese ‘to care’, ovvero avere cura di qualcuno o qualcosa, come a sottolineare la nuova mission della società di prendersi cura dei propri marchi e di coloro che li fanno e li acquistano; poi, la desinenza in -ing, che esprime da sempre in inglese un qualcosa in divenire, in movimento, in trasformazione. Infine, il prefisso Ker, che in bretone significa ‘casa, luogo di vita’. Un’unica parola, tanti significati. “Oltre a un semplice mutamento di perimetro e di attività, questa denominazione rispecchia la nostra nuova mission”, afferma il presidente e amministratore delegato François Henri-Pinault. Ma non è tutto: il logo sarà una civetta stilizzata, simbolo di saggezza, protezione e chiaroveggenza, accompagnato da uno slogan che la dice lunga: “Empowering imagination”. “Il nostro compito – si legge nella nota – è quello di incoraggiare l’immaginazione in tutte le sue forme, per stimolare la creatività dei marchi, sostenere la crescita e generare valore nel lungo termine”.
Un cambio che non riguarda soltanto il nome e la ragione sociale, ma anche le strategie globali e digitali: la campagna di advertising per esempio è stata trasmessa quasi interamente sul web con un film creato apposta e con la collaborazione con una blogger di successo come Garance Dorè, che ha presentato online alcuni video tradotti in cinque lingue per permettere alla community globale di conoscere e apprezzare meglio il nuovo universo Kering.