Il New York Times la definisce le “Olimpiadi dell’arte”, il quotidiano parigino Le Monde la considera “La fiera migliore al mondo”, la Frankfurter Allgemeine Zeitung la nomina “L’arte nella sua forma migliore”, mentre Vogue la presenta al pubblico come “il più bel museo temporaneo del mondo”. Ebbene si, stiamo proprio parlando di ART BASEL, la famosa fiera d’arte internazionale che ogni anno a giugno, si tiene a Basilea, idilliaca città medievale svizzera, capitale della ricchezza artistica e della cultura, diventando così la meta preferita degli appassionati d’arte da tutto il mondo. Questa 43a edizione si è aperta il 14 giugno scorso chiudendo i battenti domenica 17. Anche per questo anno i numeri delle presenze sono stati significativi: 65.000 tra artisti, collezionisti, curatori e appassionati d’arte provenienti dai quattro angoli del mondo. Fiera di alto livello incomparabile alle altre, è nata negli anni ’70 per volere di un gruppo di galleristi di Basilea, cresciuta a Miami con il supporto delle grandi famiglie di collezionisti sudamericane e le loro fondazioni, approda poi in Asia con la nuova attesissima fiera di Hong Kong che si terrà a Maggio 2013.
La kermesse d’arte svizzera conta 300 gallerie provenienti dai 5 continenti presentando le opere di oltre 2500 artisti, dai grandi maestri del filone moderno, ai più interessanti artisti del fronte contemporaneo. Dipinti, sculture, installazioni, fotografie, stampe, video e lavori multimediali. In sostanza un ricco e svariato traffico di opere. Presenti anche le produzioni di Picasso, Mirò, Klee, Warhol e Jeff Koons fino alle recenti generazioni. Art Basel è dunque un “incontro familiare annuale” della scena artistica, fatto di elevata qualità e grande varietà internazionale. Il mondo dei musei è sempre un pò etereo ed effimero a dispetto della realtà che ci circonda. Ed è così, che nel momento in cui si oltrepassa la soglia di Art Basel, o si fanno scorrere davanti ai nostri occhi le immagini evanescenti delle installazioni e delle composizioni artistiche, ci si ritrova in quel mondo delle meraviglie di cui parlava Alice, dove la realtà esterna sembra essere solo un ricordo che svanisce magicamente ritrovandoci in un microcosmo ammaliante e irresistibile allo stesso tempo, progettato perfettamente con un solo ed unico scopo finale: l’acquisto e la vendita di opere d’arte che diventano oggetti del desiderio solo per pochi selezionati collezionisti.
A Basilea lo sguardo è rivolto al mercato, in quanto le opere d’arte non sono esposte solo per essere ammirate ma, mentre il mondo è sotto l’incantesimo della crisi, ai collezionisti questo sembra proprio non interessare, facendo a gara a chi arriva prima per acquistare l’opera migliore. D’altra parte non è facile non essere sedotti da alcuni lavori proposti dalle gallerie più prestigiose, come quella di Eva Presenhuber, che presenta una mostra personale di Doug Aitkens, un’installazione di sculture, disegni e lightbox di grande impatto visivo ed esteticamente glamour. Si entra da alcune spaccature nelle pareti per guardare la scritta “ART” ricoperta di cioccolato o gli ultimi lavori in lightbox, tutti ispirati ai suoi video work, grazie ai quali vinse un premio alla Biennale di Venezia nel 1999.
Non passa inosservato neanche l’ingresso della galleria newyorkese di Sean Kelly. Si può entrare soltanto attraverso la messa in scena di un’audace performance “Imponderabilia” (1977/2010) di Marina Abromovic’, ovvero uno stretto passaggio lasciato aperto tra due corpi nudi. Curiose sono anche le 62 solenni opere di scala monumentale proposte ad Art Unlimited, settore che quest’anno è stato curato per la prima volta da Gianni Jetzer. Tra queste opere ricordiamo il gigantesco intestino rosa di Franz West, la lunghissima e labirintica installazione di polaroid inedite “Thousands” di Philip-Lorca di Corcia, i ritratti “You and My Friends” di Ryan McGinley, la stanza metafisica “Primitive” di Ugo Rondinone e il mirabile nuovo lavoro “Belle de Jour 66” di Dominique Gonzalez-Foerster, che ha presentato un remake del famoso film di Luis Bunel.
Tra le sezioni che compongono la mosta ci sono vari settori come Art Galleries, Art Statement dedicata ai giovani e Art Feature centrata su un progetto curatoriale. L’idea di Art Basel è quella di fornire uno spaccato d’arte il più ampio possibile. Si passa infatti dalle sculture, che in questa edizione hanno riscosso un enorme successo facendone un trend, come quelle presentate dall’artista di Los Angeles Aaron Curry, e come lo dimostrano anche le stesse vendite caratterizzando gli stand delle gallerie top, passando alle opere di Chiharu Shiota e arrivando ai giovani del Magazzino di Arte Moderna di Roma. Dalle sculture si passa alle installazioni del giovane artista Gianluca Malgeri, una Wunderkammer composta da fragili sculture di corna fatte di rami di ciliegio e muschio. Una serie di lavori che riportano l’arte alla natura, ispirati dal mito di Dafne, che per sfuggire ad Apollo chiede di essere trasformata in alloro, una pianta che “non muore mai”.
Ad Art Basel-Basilea quest’anno, debutta anche la maison Fendi, primo appuntamento elvetico dopo aver ospitato designer dal mondo nelle precedenti Art Basel-Miami e Milano, questa volta nella cittadina svizzera lo fa, scegliendo due re-inventori italianissimi, i designer Andrea Trimarchi e Simone Farresin che hanno fondato lo studio Formafantasma ad Eindhoven. Questo duo ha interpretato alla lettera la mission, che il gruppo Fendi gli ha commissionato e inaugurato nel 2009, ovvero donare una seconda vita ai materiali di scarto e mostrare come. Ecco allora che prendono vita lampade di pelle soffiata, tavoli da lavoro in cui il cuoio è disteso talmente bene che sembra legno, ganci resi più soft perché realizzati interamente in vitello invecchiato. La magia della pelle prende forme mutevoli, vivendo così una doppia vita per essere raccontata dagli atelier work in progress promossi dalla maison nel progetto Craftica. Ed ecco perché Formafantasma con le sue creazioni artigianali, ha presenziato alla fiera svizzera con uno stand-laboratorio dove oltre a prodotti finiti e bozzetti, è stato possibile assistere alla creazione di nuove sculture realizzate con pellami di scarto Fendi. Una fiera quindi per super addetti ai lavori direi, e sopratutto al centro delle discussioni sullo stato del mercato dell’arte, che a dire dalle opere vendute, gode di ottima salute.
Essendo l’esposizione più importante del pianeta è normale che detti le tendenze del momento, un pò come una fashion week che lancia il mood di una stagione, un pò come le maison che tirano le somme dopo la sfilata per quantificare il venduto ai buyer. A Basilea si misura il polso del mercato dell’arte con il termometro, ed esserci vuol dire esistere. Significa essere ammessi al tempio dove la creazione si compra e si vende a lettere maiuscole. Vendite record ce ne sono state come quella che ha fatto scalpore proveniente dalla Fondazione Prada, che ha acquistato per la collezione di Milano l’installazione di Ed Kienholz “Five Stud Car” 1969-1972. Il tableau a grandezza naturale raffigura un barbaro attacco razzista in cui cinque uomini bianchi sacrificano un uomo di colore. L’opera che era stata a lungo censurata vive un momento di riabilitazione e sarà esposta in mosta fino al 31 ottobre al Louisiana Museum of Modern Art, in Danimarca. Miuccia Prada, secondo quanto scrive The Art Newspaper, dice di essere “lieta di confermare l’acquisto”, anche se non viene annunciata la data per l’installazione a Milano. Secondo un comunicato post chiusura il materiale presente all’evento era eccellente e le presentazioni hanno stimolato una grande richiesta, coinfluita in forti vendite durante tutta la settimana. E’ stato inoltre previsto e poi confermato, l’aumento dei collezionisti provenienti dall’Asia, in particolar modo da Hong Kong e Cina, ed inoltre non potevano mancare una settantina di rappresentanti di istituzioni museali internazionali e i “soliti” collezionisti europei e americani.