L’architettura apre le porte a Roma, svelando molti luoghi suggestivi della nostra capitale. Dalle architetture moderne del MAXII e dell’Università Roma Tre fino a veri e propri gioielli dell’antichità barocca come il “tempietto” di San Pietro in Montorio, opera del Bramante e la Chiesa dei Ss. Luca e Martina di Pietro da Cortona. Nato nel 1992 a Londra da un’idea di Victoria Thornton, l’Open House Worldwide sbarca presto in numerose città dell’Europa, America, Medio Oriente e Australia.
E Roma non si tira indietro, anzi coglie la sfida e attraverso gli sforzi di volontari e architetti, progetta e coordina quello che da due anni a questa parte, è diventato uno degli appuntamenti più attesi dagli addetti al settore e non solo.
L’esaurimento dei posti disponibili per la visite guidate ai siti architettonici, già a pochi giorni dall’inizio della manifestazione, è infatti indice dell’elevato interesse del pubblico per l’architettura e per la città in cui vive. Il programma di quest’anno prevedeva un’ampia scelta di siti visitabili, tra cui anche itinerari guidati attraverso gli scorci dei quartieri romani di Testaccio, Ostiense e EUR, modi nuovi e originali per rivivere le emozioni che questi luoghi che appartengono alla nostra quotidianità, sanno rivelare.
Tra il profumo del bucato appena steso e l’odore intenso del sugo che si mescola a quello di spezie indiane, è stato possibile godere di una chiacchierata di alcuni tra gli architetti più creativi del momento. Ma non sono mancate le passeggiate nei luoghi considerati inaccessibili dai più, come gli incantevoli giardini dell’Istituto di Cultura Giapponese, edificio opera dell’architetto Yoshida Isoya, oppure quelle all’ombra dell’elegante portico borrominiano dell’Accademia di San Luca.
Tuttavia questa iniziativa non permette di esporre solo le perle di un patrimonio storico e artistico unico al mondo ma anche di puntare un riflettore su tutte le realtà professionali della città. Ad aprire le porte al pubblico sono ad esempio gli architetti Claudia Clemente e Francesco Isidori, i quali hanno permesso ai visitatori di lasciarsi “spiare” in una loro tipica giornata lavorativa, oppure la coppia (anche nella vita) dello studio Lai Be che ha ospitato il pubblico nella loro accogliente studio – abitazione.
L’architettura a Roma ha da sempre imposto il suo ritmo a livello internazionale con grandi opere come accade anche oggi con la recentissima inaugurazione della Stazione Tiburtina di Roma, nata dall’idea di Paolo Desideri oppure della famosa “nuvola” del Nuovo Centro Congressi all’Eur di Massimiliano Fuksas, ancora in fase di costruzione, senza dimenticare la Torre Eurosky di Purini-Thermes, curatori del progetto architettonico.
Questi sono stati solo alcuni dei luoghi visitabili in occasione della seconda edizione dell’Open House Roma, iniziativa che si inquadra nella variegata rosa di proposte culturali della primavera romana.
E come si gestisce il “post Open House”? L’idea è quella di raccogliere testimonianze dirette di chi c’è stato veramente attraverso commenti e immagini che è possibile pubblicare sul sito Flickr http://www.flickr.com/groups/openhouseroma/. Ed è in questo spazio, tra amanti dell’arte e appassionati di fotografia che si può cominciare a ragionare sull’impatto che questo genere di iniziative hanno nel nostro paese, specialmente in un’epoca in cui a volte si ha la sensazione che la cultura voglia essere messa a margine.
Chiara Cianfarani