Arte, crimine, kitsch. Una Roma nascosta, lontana dai sanpietrini e dalle vestigia storiche. La street art continua a contaminare le grandi metropoli. New York, Detroit, Berlino, ed ora anche Roma. Centinaia di scritte colorate colorano e rivalutano spazi urbani dimenticati dai più.
Animaleschi volti bianchi in puro stile lowbrow , testimoni clandestini del cambiamento, dello scorrere del tempo della capitale. Cittadini quasi onorari danno il benvenuto ai turisti che escono dalla stazione Termini per immergersi nella città museo en plein air. Come molti dei loro amici clochard parlano un linguaggio astratto, creativo, fatto di slang e poesia. Ognuno di loro racconta un mondo, un concetto, una realtà che sempre più si tende a sotterrare, secondo la filosofia che ciò che non si vede non esiste. I writer vengono così etichettati come criminali, solo perché danno sfogo alla loro esigenza di comunicare il loro disagio, ma anche le loro emozioni. Dai vestiti, agli accessori ai mattoni si cerca di creare un collegamento tra ciò che è stato e ciò che sarà. In passato fu proprio la città di Roma protagonista di significative opere murarie, che con la loro sopravvivenza hanno permesso di decretare la nascita della lingua latina. Le basiliche e le chiese della capitale mostravano immagini e frasi proprio per educare anche le masse analfabete. Ora, paradossalmente, tutto ciò viene continuamente cancellato.
Per trovare quindi espressioni individuali, prive di strumentalizzazione bisogna scendere nelle stazioni e nelle metropolitane. I sotterranei ferrosi e tristi della stazione di Termini si colorano di arte. Tag, parole, vignette si ripercorrono dai vagoni alle istallazioni artistiche, dalle microfibre stampate alle perfomance musicali estemporanee. Un mondo segreto che sfugge agli occhi delle persone vittime della routine giornaliera ma che ogni giorno è presente, nonostante tutto, nelle strade come nei musei ad accompagnare i sogni e le speranze di una sottocultura.
“Arte o crimine? Giudicate voi “