La moda diventa teatro durante AltaRoma con le creazioni del designer Italo Marseglia allo Studio 10 di Cinecittà. Le camicie bianche in scena sono una previsione della camicia di forza alla quale è destinata Anna a suggello della unione carnale con il suo amore fuggente. La camicia diviene quasi scultura grazie al matematico sviluppo delle forme con cui il designer progetta sproporzioni tra colli e maniche esagerati su busti puliti. L’ambientazione del dramma negli anni ’70 è palese nei dettagli: un collo da bowling esagerato nella camicia della protagonista, i polsi lavorati senza aperture ed i bottoni grandi. Marseglia scolpisce le sue forme geometrico-matematiche con l’uso del popeline bianco – tessuto emblema della camiceria. I pantaloni, invece, sono una nuova espressione estetica e seguono le forme ed i movimenti.
Quasi hip-hop nel loro essere calati e nei pesanti sfoghi piega. La protagonista ed il suo compagno indossano una variante nera in cadì di viscosa mentre i fantasmi di Anna indossano denim bianco. Cercando di seguire le psicosi Anna, il designer gioca con la contaminazione di un perverso scenario sado-maso che imbriglia le figure in scena al di sopra delle immacolate camicie con imbracature fatte di nastri di gros-grain a contrasto che simboleggiano, altresì, il legame indissolubile tra i protagonisti della vicenda. In passerella non una piéce teatrale, nè un trattato di psichiatria, o un concerto, né tantomeno una sfilata, ma un esasperato atto d’amore per il teatro, per la musica e per il costume. Anna Cappelli è ultima opera di Annibale Ruccello, talento scomparso prematuramente a soli trenta anni nel 1986, drammaturgo con la passione per le figure femminili estreme.
E’ la storia di Anna, dattilografa per necessità, trasferitasi in un piccolo centro e costretta a vivere in uno stanzino. Detesta tutti e tutto, famiglia compresa che ha già dato la sua stanza alla sorella Giuliana. Il sogno della sua vita sembra realizzarsi nell’amore per il ragioniere Tonino Scarpa, proprietario di una casa con ben dodici stanze, con il quale Anna andrà a convivere. Finalmente tutto è suo, Tonino, la casa, che importa se la discriminano, lei è una donna emancipata che non crede alle convenzioni borghesi. L’abbandono improvviso da parte di Tonino aprono il baratro nella mente di Anna, innescando una voragine senza ritorno di lucida follia. Lavorando sul testo di Annibale Ruccello le vicissitudini di Anna vanno in scena tra immersioni nel testo e brani dei Baustelle, il gruppo che oggi avrebbe amato per le assonanze e le affinità che i testi hanno con il vissuto della protagonista. Accanto ad Anna ci sono i suoi fantasmi e i suoi perché in un sconfinato alternarsi di stati d’animo imbrigliati in camicie di forza che identificano i legami da annodare e da sciogliere. Seguendo le iperboliche elucubrazioni di Anna, muovendosi tra la dimensione del razionale e dell’irrazionale, lo stilista Italo Marseglia ha voluto ingabbiare i personaggi in candide camicie bianche.
Le camicie bianche in scena sono una previsione della camicia di forza alla quale è destinata Anna a suggello della unione carnale con il suo amore fuggente. La camicia diviene quasi scultura grazie al matematico sviluppo delle forme con cui il designer progetta sproporzioni tra colli e maniche esagerati su busti puliti. L’ambientazione del dramma negli anni ’70 è palese nei dettagli: un collo da bowling esagerato nella camicia della protagonista, i polsi lavorati senza aperture ed i bottoni grandi. Marseglia scolpisce le sue forme geometrico-matematiche con l’uso del popeline bianco – tessuto emblema della camiceria. I pantaloni, invece, sono a-gender; seguono le forme ed i movimenti. Quasi hip-hop nel loro essere calati e nei pesanti sfoghi piega. La protagonista ed il suo compagno indossano una variante nera in cadì di viscosa mentre i fantasmi di Anna indossano denim bianco. Cercando di seguire le psicosi Anna, il designer gioca con la contaminazione di un perverso scenario sado-maso che imbriglia le figure in scena al di sopra delle immacolate camicie con imbracature fatte di nastri di gros-grain a contrasto che simboleggiano, altresì, il legame indissolubile tra i protagonisti della vicenda
Make up e hairstyling a cura di Pop Up Crew by Giuseppe Leanza, medico estetico e Art Director della “Giuseppe Leanza Academy”.
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