In principio furono gli Highlander scozzesi. Poi vennero i Sex Pistols negli anni Settanta, con il loro punk urlato, e Vivienne Westwood, che ne fece quasi una bandiera del suo stile, e poi ancora negli anni Novanta, sbucò fuori Alexander McQueen, non un semplice stilista, ma del vero genio racchiuso in un uomo, che ne fece un elemento cardine delle sue collezioni. Fino ad oggi, che lo vediamo indossato dai vip sui red carpet dei festival più importanti, da Mika, istrionico giudice di X Factor, perfino dagli Ape Escape, concorrenti del programma musicale per eccellenza, non certo campioni di eleganza, ma che con il kilt hanno acquistato un certo fascino.
Insomma, il tartan è dappertutto. Un’invasione in piena regola, senza risparmiare nessuno: dal mondo dello spettacolo al mondo della strada, dove viene indossato con disinvoltura dai ragazzini fino alle eleganti signore, che lo scelgono per il loro tailleur sartoriale, fino alle passerelle di moda. Nell’ultima tornata di Fashion Week, molti sono stati gli stilisti che hanno scelto il famoso tessuto – fantasia quadrettato per rendere più attuale qualche outfit: eccolo spuntare sulle catwalk da Moncler, Fay e Céline che propongono il tartan come fantasia per cappotti e giacche; Antonio Marras e Brooks Brothers lo scelgono per raffinati tailleur destrutturati; Clips per eleganti scamiciati a fantasie sovrapposte, Saint Laurent, invece, rilancia la classica camicia d’ispirazione punk e la completa con vestito di pelle nera e anfibi con fibbia.
Fantasia ma senza eccedere, aggressivo ma sempre elegante, il tartan piace a tutti perché è versatile: lo si può indossare per uno scamiciato a un evento o su una camicia a un concerto rock e risultare ugualmente impeccabili e credibili, senza scadere nella banalità.
Il tartan è rassicurante perché ciclico: ogni vent’anni ce lo troviamo nell’armadio sotto forma di gonnellina a pieghe, camicia punk o giacca sciancrata. Ed è sempre attuale.
Il tartan spopola, insomma: agli stilisti piace forse per il suo aspetto marziale, guerrigliero, ma al tempo stesso per il suo essere fantasia che permette di poter giocare con le cromie, accostarle, assemblarle, alla ricerca del match perfetto. A noi tutti piace, invece, perché di questi tempi dove niente ha un ordine, tutto è confuso, avere addosso qualcosa di rigoroso e perfetto aiuta a ‘ingabbiare’ se non i valori e i pensieri, almeno le scelte di fronte all’armadio.