Women Fashion Power non è la solita esposizione d’abiti di moda, ma bensì un vero e proprio elogio a tutte le donne che hanno usato lo stile per conquistare il loro posto nel mondo. Progettata dall’architetto anglo-irachena Zaha Hadid in collaborazione con Donna Loveday e Colin McDowell, è allestita fino al 26 aprile 2015 al Design Museum di Londra.
In circa 90 minuti è possibile ripercorrere 150 anni di storia dello stile femminile grazie al contributo di 26 donne, che attraverso la moda hanno saputo distinguersi. Principesse, dirigenti, designer, avvocatesse, artiste, curatrici e musiciste, alcune di queste hanno collaborato prestando i pezzi più significativi del loro guardaroba, come la stilista Diane Von Fürstenberg, l’attuale sindaco di Parigi Anne Hidalgo, la principessa Charlène di Monaco, la cantante Skin, la quale ha affermato che “lo stile che ho sul palco è una parte fondamentale del mio essere, io sono sempre influenzata da cosa indosso”, l’archistar Zaha Hadid, la quale oltre ad aver collaborato per l’allestimento della mostra è anche una delle 26 donne simbolo in mostra con i propri abiti. Altre donne hanno poi meritato una menzione pur non avendo partecipato attivamente alla realizzazione della rassegna, tra queste ritroviamo Margaret Tatcher, Elisabetta II, Angela Merkel e Michelle Obama.
Non si parla solo della forza politica ma anche di quella privata e quotidiana di tutti quei fenomeni che hanno cambiato l’abbigliamento femminile sesso mascolinizzandolo ma ridefinendo uno stile dove eleganza, stravaganza e funzionalità hanno disegnato l’eclettismo della donna contemporanea.
Punto focale della mostra, non è la tipica rassegna di moda, ma secondo i curatori “é la donna di potere, e la rappresentazione dello stesso attraverso l’abito che indossa per manifestarlo”. L’esposizione, uno spazio a raggiera con cinque sezioni che ripercorrono gli anni dal 1850 ad oggi, è seria, colta nel fornire informazioni tecniche di brevetti e documenti e al contempo piacevole per quell’aspetto ironico del racconto, video o fotografico di alcune sperimentazioni. Composta da tre stanze, la mostra espone nelle prime due l’analisi del sottile ma ben saldo legame tra moda e potere attraverso foto e video d’archivio, insieme ad abiti, corsetti ai quali le donne si costringevano nel ‘800, fino al tailleur indossato da Margaret Thatcher il giorno della sua elezione a leader del Partito Conservatore Inglese, mentre la terza mette in mostra i 26 abiti prestati dalle protagoniste del nostro quotidiano.
Donne contemporanee dunque queste, che hanno saputo affermare la propria individualità anche attraverso la scelta degli abiti, che le hanno caratterizzate con sfumature e peculiarità aiutandole così a scrivere la storia con grazia e talento. Binomio vincente per donne che non si sono mai servite del loro aspetto per avanzare nel mondo del lavoro ma che hanno reso la moda una propria alleata, indossando gli abiti giusti con determinazione e sopratutto pronte a lasciare il segno.
Riunendo abbigliamento, fotografia, filmati di repertorio e interviste sono stati così ripercorsi fedelmente 150 anni di storia della moda con una timeline visiva coinvolgente che conduce il visitatore dai costrittivi corsetti in osso del XIX secolo alle Louboutin con tacco di oggi, pur sempre mantenendo il parallelismo tra vita pubblica e privata. Dalle suffragette che lanciano il prototipo del tailleur per dimostrare di aver diritto al voto, ai pantaloni per la moda alla garçon caratteristici delle donne che facevano il lavoro degli uomini negli anni Venti si arriva fino alle decostruzioni artistiche dei giapponesi negli anni ’80 e al gruppo di Anversa degli Anni ’90. Pian pian si è fatta strada nella mente delle donne una verità rivoluzionaria, ovvero quella che i vestiti non fossero solo una semplice dimostrazione di vanità femminile ma un vero e proprio elemento essenziale nella comunicazione di se stesse, e strumento utile sopratutto a rafforzare la propria professionalità.
Mentre sempre più donne assumono ruoli di leadership della società, la mostra mette in risalto la questione di come viene rivalutato il ruolo della moda nella sfera pubblica, non una distrazione frivola, bensì una componente essenziale degli strumenti della donna che lavora. Colin McDowell ha detto “Questa mostra dimostra come le donne hanno utilizzato approcci diversi per vestirsi affermando la loro unicità e le loro personalità. Poche delle donne in questa mostra si vedrebbero come figurini di moda o anche come forti seguaci della moda. Creano i loro guardaroba, non per essere alla moda, ma per dimostrare chi e cosa sono.”