Moda ed ecologia si sa, non vanno molto d’accordo. Due mondi spesso in contrasto, due modi differenti di concepire la moda, e che difficilmente riescono a dialogare. Nell’affascinante ed edulcorato mondo del fashion system, tutto dedito alla creazione, produzione del prodotto e al commercio, è difficile si possa pensare all’ambiente, quando per la lavorazione dei jeans ad esempio, vengono utilizzati prodotti chimici cancerogeni, che non solo inquinano l’ambiente, in cui vengono poi espulsi, ma anche gli stessi sottopagati dipendenti di quelle aziende. Per non parlare degli animali uccisi per le loro pellicce o pelli pregiate, che diventano materiale per oggetti preziosissimi a costi pressapoco inaccessibili.
Qualcuno però che ha veramente provato a diffondere nel mondo della moda che ecologico è sinonimo di sano e bello, ed ha avuto anche successo, c’è, e questa è Livia Giuggioli Firth, moglie di Colin Firth. L’italianissima Livia, straordinaria combattente per i diritti ambientali, per farsi largo tra le fauci dei leoni del fashion, ha usato le loro stesse “armi” del bello, del lusso e del glamour. Fondatrice di una casa di produzione cinematografica insieme al marito, è la direttrice creativa di Eco Age, il primo negozio ecologico-etico a Londra, co-fondato con il fratello Nicola. La sua scalata verso la moda green non si limita solo a questo, ma è sempre più attiva nel circuito dei grandi stilisti, con i quali ha stipulato diversi accordi per la creazione di almeno un abito ecologico a sfilata. Livia Firth lavora anche a livello internazionale per promuovere la sostenibilità nell’Alta Moda. Secondo la Firth per cambiare approccio al consumo bisognerebbe ridiscutere tutto il nostro rapporto con i vestiti. Lei è stata la prima a farlo a partire dall’incontro con Noam Chomsky, il linguista più famoso e conosciuto al mondo. Basta con le semplici e spesso riduttive parole come verde, ecologista, equo. Occorre rinnovare il vocabolario e rendere il tutto più d’ispirazione.
La moda, la sua industria, è un sistema pesante sia in termini d’impatto ambientale, sia in termini di consistenza economica. Un business immenso dietro al quale c’è il mercato del tessile, il più inquinante dopo quello agroalimentare. Inoltre il fast fashion, capi a basso prezzo, che strizzano l’occhio all’Alta Moda, ma che funzionano solo per una stagione, è quello che inquina maggiormente, data l’elevata produttività. Cappotti, jeans, scarpe e quant’altro a poco prezzo, provenienti dalla Cina dove vengono prodotti, o in altri paesi d’oriente, indossati e gettati via. Dietro quello sfizio dell’istante, o di uno shopping compulsivo, quella pseudo convenienza svanisce se ci si rende conto, che dietro una produzione super-veloce come nelle catene di negozi di H&M e Zara, lavorano incessantemente notte e giorno, persone senza la minima garanzia o tutela, e in condizioni umane e ambientali da schiavi. Noi, con noncuranza di quello che accade dall’altra parte della medaglia fatta di paillets e lustrini, indossiamo le storie di chi ha realizzato i nostri vestiti. E le storie “dietro” certi vestiti sono tristi e parlano di sofferenza e non di gioia, storie che non si possono indossare con felicità.
Accanita sostenitrice dell’ambiente, Livia Giuggioli Firth ha lanciato la sfida eco-ambientale al mondo della moda attraverso il Green Carpet Challenge. Sfilare in modo elegante e raffinato solcando i tappeti rossi più celebri, ma sopratutto farlo indossando abiti ecologici ed eticamente a impatto zero, è la battaglia che la signora Firth ha iniziato, solleticando l’interesse del pubblico e del fashion system. L’idea è giunta nel 2010 alla premiazione di Colin Firth, come migliore interprete del re Giorgio, nel film The King’s, al Golden Globe. Occasione che non poteva essere più adatta per portare all’attenzione dei media, fotografi e alle star del red carpet, una causa come quella dell’attenzione per l’ecologia del pianeta. Livia Firth ha infatti pensato che il tappeto rosso dei Golden Globe, secondo per importanza solo a quello degli Oscar, sarebbe stata l’opportunità migliore per promuovere una moda etica ed ecologica. Secondo la Firth la moda ha attirato l’attenzione sullo sfruttamento del lavoro, ma ci sono anche molti stilisti che hanno come lei sposato la causa dell’ecosistema dando priorità all’ambiente e alla giustizia sociale.
Livia grazie al suo progetto di Eco-Age, ha dato loro una piattaforma per poter sviluppare progetti improntati alla salvaguardia del pianeta, che altrimenti sarebbero rimasti aleatori. Per il Golden Globe del 2010 Livia ha lavorato con stilisti come Leila Hafzi, Linda Loundermilk e Orsola de Castro, per creare un abito da sposa riciclato e adattato per l’occasione, mentre lo scorso anno ha scelto di lanciare lo stilista americano Jeff Garner, la cui etichetta Prophetikè ammirata a livello internazionale per i suoi valori e la sua eleganza. L’abito creato dallo stilista era fatto interamente con una seta proveniente da bachi che non vengono uccisi e tinto con le piante che il designer stesso coltiva. Questo tipo di seta è alla base di abiti di altri stilisti ecologici con cui Livia lavora, come Karen Caldwell che usa solo materiale eco-sostenibile come seta della pace, hemp, cotone cresciuto e raccolto in America colorato con tinte naturali.
Il Green Carpet Challenge è un ottimo inizio per scardinare il sistema moda basato sulle ingiustizie sociali e la Firth ha proposto il suo progetto anche a stilisti del calibro di Armani, Valentino, Tom Ford e tanti altri che hanno accettato la sfida. Per ogni appuntamento da red carpet dell’anno, questi stilisti realizzeranno almeno un abito per una celebrità concepito e prodotto secondo le linee guida di Eco-Age. L’obiettivo di Livia Firth non è solo questo, lo scopo ultimo è quello di riuscire ad ottenere dalla Comunità Europea delle leggi, che regolino la provenienza dei tessuti e le rispettive lavorazioni. Inoltre il sito Eco-Age, risultato del lavoro della Firth, offre la possibilità di ottenere informazioni e acquistare capi “immacolati” dal punto di vista della provenienza etica. Per le recenti apparizioni in pubblico e le premiazioni al Golden Globe la coppia Firth si è presentata indossando un abito creato da Giorgio Armani, re indiscusso dello stile italiano, il quale ha collaborato con entusiasmo al progetto confermando una teoria portata avanti dalla Giuggioli, ovvero un’alta moda eco-compatibile, rispettosa dell’ambiente e allo stesso tempo sorprendentemente affascinante, data la “storia” felice dietro la produzione di un abito. Una filosofia importante, quella abbracciata dall’ambientalista, che mira dunque a sdoganare e diffondere la green culture per una maggiore consapevolezza sull’importanza dell’ecosistema e della sua salvaguardia.
Filosofia che ha fatto breccia nei cuori degli stilisti, e condivisa da Armani, che ha dato il via a questa affascinante collaborazione creando un abito di alto target. In linea con l’estetica classica italiana degli anni ’60, re Giorgio ha realizzato un abito senza spalline con un corpetto strutturato che concentra l’attenzione sulle pieghe sinuose della gonna a coda di pesce. La bellezza e particolarità dell’abito risiede proprio nel materiale utilizzato, attraverso una lavorazione meccanica e non chimica della plastica delle bottiglie, trasformate in tessuto dall’azienda NewLife di Filature Miroglio, su richiesta dallo stesso stilista. La tintura è avvenuta in fase di filatura del prodotto, evitando così inutili sprechi d’acqua. Una conquista questa importante sia per il mondo del riciclo ecologico che per l’ambiente circostante. Un esempio che di certo non rimarrà isolato, quello della maison italiana, che ha fatto da apri pista per le case di Alta Moda. Anche casa Damiani, è attenta all’eticità delle materie prime per la realizzazione dei gioielli, come pure Alberto Parada, gioielliere eco-sostenibile. Livia Firth porta avanti la causa ambientale con fermezza e non si limita alle buone azioni di una green vip, ma per vestirsi indossa sempre capi pensati da stilisti che utilizzano stoffe riciclate o con fibre ecologiche, mentre per i gioielli si affida a pietre e metalli eticamente certificati. Il lusso infatti, è carico d’oro e diamanti che arrivano nella maggior parte dei casi, da zone in cui nè l’ambiente, nè la dignità umana sono rispettati.
Secondo la signora Firth non è facile convincere le persone a convertirsi ad una moda green e consapevole. Tante attrici venute in contatto con la sua filosofia e il suo progetto, ancora stentato ad appoggiarlo seriamente e ad indossare abiti bio, perché troppo spesso si affidano ai loro stylist e inoltre vengono pagate per indossare vestiti dei grandi stilisti. Il grande desiderio di Livia è proporre ai maggiori designer di moda di prendere sotto la propria ala protettrice uno stilista ecologico e aiutarlo a portare avanti i propri progetti, e il messaggio che la moda può essere bella anche senza far male. Qualità e artigianalità sommati a naturalezza dei tessuti dimostrano che etica e bellezza possono andare a braccetto, e questi abiti lo dimostrano a pieno.