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Le quotabili italiane del lusso: quando la Borsa aiuta la moda a crescere.

Brunello Cucinelli

Il tema della crescita per le aziende dei settori Moda e Lusso, alla luce delle nuove opportunità offerte grazie ai mercati esteri, è sempre centrale. Sicuramente il modo più moderno per reperire risorse finanziarie è la quotazione in Borsa, in quanto dà velocemente all’azienda una forte spinta operativa e una notevole visibilità sul mercato. A seconda dei vari motivi per cui un’azienda del lusso possa quotarsi in Borsa, il risultato fino ad ora raggiunto è stato per tutti univoco, ovvero si sono rafforzate notevolmente sopratutto nei confronti dei loro diretti competitor.

I dati emersi dalle ricerche compiute sulla quotabilità delle aziende del comparto Moda e Design ad opera dell’Istituto specializzato Pambianco insieme a Borsa Italiana, su campioni di 763 aziende della moda e del lusso e su 166 società di arredamento e design, lo dimostrano appieno, come pure dimostrano quali sono le aziende che hanno le giuste caratteristiche per poter essere candidate alla quotazione in Borsa nell’arco dei prossimi 3/5 anni, a prescindere dalla loro effettiva o meno volontà di quotarsi, che dipende sia da scelte aziendali sia dalla situazione stessa del mercato borsistico.

Secondo l’Istituto di ricerca e la Borsa sono ben 50 le aziende del fashion system pronte ad essere quotate, capitanate da Armani, e altre 15 che incalzano nel settore house & design, guidate da uno dei brand guru del mobile, Kartell. Le 50 Ipo del lusso sono tutti marchi che hanno registrato un fatturato 2012 pari a 15 miliardi di euro, in crescita dell’8,1% a dispetto della crisi vantando una redditività del 16,9% e un patrimonio netto complessivo di 10,4 miliardi. Per quanto riguarda il design invece, il fatturato 2012 si è attestato a 2,1 miliardi in ribasso dello 0,5% con una redditività al 12,1% e con un patrimonio complessivo ad oltre un miliardo di euro. Se tutte le aziende del fashion system entrassero in Borsa si raggiungerebbe un’alta capitalizzazione e di conseguenza si raddoppierebbe il valore del comparto dato che l’attuale capitalizzazione delle aziende della moda e del lusso si attesta circa a 29,7 miliardi con Luxottica che ha raggiunto in Borsa un valore che supera i 17 miliardi.

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Il forte aumento del fatturato e del risultato operativo, l’altrettanto incremento dei dipendenti e degli investimenti indirizzati alla distribuzione diretta e all’acquisto di produzione industriale sono solo alcuni esempi dei concreti risultati ottenuti dalle aziende quotate che scelgono senz’altro una crescita interna. Grazie all’ottimo posizionamento competitivo, alla naturale vocazione all’export e ad una eccellente capacità di resistenza alla crisi, le società del Made in Italy si confermano ancora una volta essere uno dei più importanti motori di crescita del nostro Paese, partecipando positivamente al saldo commerciale italiano e continuando a realizzare importanti prospetti d’investimento a beneficio dell’intera filiera di produzione.

Il cashmere di Cucinelli arriva a Piazza Affari
Il cashmere di Cucinelli arriva a Piazza Affari

E’ dunque l‘export uno dei fattori determinanti e denominatore comune delle quotabili italiane del lusso, in aggiunta alla redditività, alla notorietà e ad eventuali debiti, a fare la differenza. Oltre a disegnare, fabbricare, rendere durevole il made in Italy, più una società di moda esporta nel mondo più le sue azioni vengono valutate positivamente, anche perché la diversificazione geografica delle vendite è un principio essenziale per qualsiasi buon business, non solo per il lusso. Aziende come Stefano Ricci vende all’estero il 92% dei propri prodotti, mentre Zegna arriva sino al 98%. Only The Brave, società di Renzo Rosso, ha un’esportazione pari all’89% e Vicini all’88%. Nel campo dell’arredamento il primato dell’export va a B&B, che raggiunge l’88%. Per quanto riguarda la crescita del fatturato Kiko è l’azienda di cosmesi con un tasso di crescita pari al 67,9%.

Competizione su scala globale, sviluppo dei nuovi canali di vendita, consolidamento di nuovi brand e le numerose campagne di comunicazione richiedono sempre più strutture finanziarie solide, ed è per questo che l’opportunità offerta da Piazza Affari viene colta al volo in quanto capace di sostenere un vero e proprio ridimensionamento in grado di agevolare sia il passaggio generazionale sia di supportare la visibilità e l’internazionalizzazione delle imprese. Recenti quotazioni in Borsa di maison come Salvatore Ferragamo, Brunello Cucinelli, Italia Indipendent Group e l’annunciata quotazione di Moncler dimostrano come la creatività e la passione dei marchi italiani siano premiati dai mercati finanziari pur in condizioni di incertezza macroeconomica.

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Famiglia Ferragamo quotata in Borsa

Oltre all’accesso al mercato dei capitali, Borsa Italiana mette anche a disposizione delle aziende che non si sentono ancora pronte ad immettersi nel mercato finanziario, il programma ELITE. Si tratta di una piattaforma unica di servizi integrati che mette a disposizione delle società aderenti le giuste competenze industriali, finanziarie e organizzative necessarie per vincere le sfide di mercati sempre più globali. Il progetto aiuta dunque le imprese a tracciare la propria strada verso la crescita e l’internazionalizzazione appoggiandole in un processo unico di cambiamento culturale e organizzativo che le avvicina ai mercati di capitali migliorandone i rapporti con il sistema bancario e imprenditoriale.

Il post quotazione di alcuni di questi brand come Cucinelli, entrato in Borsa nell’aprile 2012 a Milano, Ferragamo e Prada rispettivamente a Milano e a Hong Kong quotandosi nel 2011, dimostrano risultati notevoli. Prada ad esempio in ben tre anni ha visto crescere più del 75% sia i ricavi che l’Ebitda, margine operativo lordo, che ad oggi hanno raggiunto rispettivamente i 3,6 miliardi e i 939 milioni di euro. Nello stesso periodo Ferragamo ha realizzato un aumento del giro di affari del 61% raggiungendo un Ebitda del 130%. Cucinelli invece, anche se il periodo di confronto è più breve, vede una crescita del fatturato di oltre il 50% un margine operativo lordo del 75%.

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I tre gruppi inoltre non guardano tanto al qui ed ora bensì al futuro. Patrizio Bertelli infatti, AD di Prada lo testimonia sostenendo che ” Nessuno si pone il problema di che cosa succederà fra 20 anni. Io invece ci penso tutti i giorni. Dobbiamo avere un’azienda ben strutturata nella parte industriale e di processo”. Cucinelli stesso disse “Siamo entrati in Borsa per essere più aperti, per trovare soci e custodi, per far vivere l’azienda più a lungo”.

Queste aziende hanno potenziato notevolmente la parte industriale e investito sulla distribuzione diretta, cioè i negozi monomarca di proprietà, che rappresentano un impegno molto costoso per le aziende. Il gruppo Prada in tre anni ha ben raddoppiato il fatturato proveniente dal retail, arrivando da 1,1 a 2,5 miliardi di euro, Cucinelli ha incrementato il suo introito del 50%, da 77 a 115 milioni, e Ferragamo è arrivato al 48%. 600 milioni sono stati gli investimenti realizzati da Prada nel 2013 e circa 522 sono stati impegnati direttamente nei negozi. Il 2014 non sarà da meno, comunica l’azienda, così come per tutte le altre Ipo del lusso.

I numeri sembrano siano più che sufficienti per dimostrare che l’apertura del capitale al mercato aiuti le aziende a crescere anche in un momento di difficoltà economica. Sarà il resoconto annuale a decretare quanto quest’azione ha loro giovato. Intanto sappiamo di certo, come diceva lo stesso Ferruccio Ferragamo che “Per noi la Borsa è stata il modo di far vedere i veri valori del mondo Ferragamo, una società che ha solide fondamenta, un marchio riconosciuto, un gruppo di manager e collaboratori di prim’ordine […] un’azienda che si sa continuamente rimettere in discussione”