La Campagna Detox di Greenpeace continua con determinazione a portare avanti la sua missione: convincere le case di moda ad azzerare gli scarichi di sostanze chimiche pericolose per la salute dell’uomo entro il 2020, imponendo ai loro fornitori di rivelare tutte le emissioni di sostanze chimiche tossiche nell’ambiente e nei corsi d’acqua.
Costanti ricerche effettuate da Greenpeace rivelano come le industrie tessili rilascino pericolosi scarichi nei principali fiumi in Cina. Questi impianti riforniscono grandi brand internazionali come i giganti dell’abbigliamento sportivo Nike e Adidas. La pericolosità degli scarichi di queste industrie, che dipende dalle sostanze chimiche usate per le varie fasi della produzione, dalla pittura dei tessuti al lavaggio fino alla loro finitura, rappresenta una minaccia per l’ambiente e per la salute umana. Alcuni di questi composti chimici, come gli alchilfenoli e i composti perfluorurati alterano il sistema ormonale dell’uomo agendo anche a concentrazioni molto basse. Molti di questi fanno parte di un gruppo di sostanze persistenti nell’ambiente, che si accumulano lungo la catena alimentare fino ad arrivare all’uomo. Trasportati lontano dalla loro fonte di origine attraverso le correnti oceaniche e atmosferiche, è stata rilevata la presenza di questi agenti chimici nei tessuti dei pesci, che finiscono sulle nostre tavole, negli uccelli, nelle balene e negli orsi polari.
I risultati delle ricerche di Greenpeace non si limitano ovviamente ai soli impianti cinesi, ma interessano tutto il mondo e sono indicative di un problema ben più vasto, che va oltre il territorio della Cina e del settore tessile. Riguarda la vita umana. L’associazione ambientalista sottolinea il bisogno di innovazione e di leadership da parte delle aziende, chiedendo loro un modo diverso di produrre senza inquinare le acque del nostro pianeta con sostanze tossiche e persistenti.
La catena di fornitura dell’industria tessile è molto complessa, e generalmente è il proprietario del marchio a dettare le regole sul processo di sviluppo del prodotto, compresa la ricerca e il design. E’ il brand stesso, che sceglie il fornitore con cui entrare in commercio esercitando anche il controllo sull’uso degli agenti chimici nei processi produttivi negli articoli di consumo. Di questi brand, che fanno uso di sostanze tossiche, c’è un gruppo in particolare, che oltre a proclamarsi leader nell’abbigliamento sportivo, hanno la dimensione e la reale capacità di spingere il settore dell’abbigliamento verso un nuovo sistema di produzione. Queste aziende potrebbero davvero impegnarsi ad essere la soluzione del problema, e non solo la causa se lo volessero veramente. Devono solo agire seguendo i loro slogan “Just do it” , “Impossible is nothing”, “Make the change”. Greenpeace invita tutti questi brand a diventare campioni in un futuro senza sostanze nocive promuovendo l’eliminazione delle miscele pericolose dalla catena di produzione e dai prodotti in commercio.
Negli ultimi mesi l’azienda Limited Brands, proprietaria dei noti marchi di biancheria intima “Victoria’s Secret” e “La Senza”, ha lanciato il suo impegno pubblico per la lotta contro i ftaliti, impegnandosi a stipulare contratti con fornitori che utilizzano formulazioni chimiche prive di ogni composto pericoloso. Questa è la quattordicesima azienda ad assumersi un impegno credibile, dopo aver rilevato la presenza di sostanze cancerogene nei capi di biancheria venduti negli Stati Uniti, e la prima a garantire la totale eliminazione dei prodotti tossici dalla produzione dei capi. L’azienda stessa ha dichiarato di essere consapevole che l’accesso all’acqua pulita è un problema di portata mondiale ed è quindi orgogliosa di unirsi in un progetto che risani il Pianeta. Anche Limited Brands ha dato una data precisa per l’eliminazione totale dei PFC, luglio 2015. Limited Brands da diavolo tossico diventa angelo Detox.
G-Star, noto marchio olandese di moda giovanile è il quindicesimo fashion brand ad aderire alla campagna Detox di Greenpeace, impegnandosi ad eliminare lo scarico di tutte le sostanze nocive dalla sua filiera produttiva entro il 2020. Il noto marchio ha dichiarato ai suoi clienti e concorrenti che “i tessuti tossici sono un errore della moda. Per G-Star è arrivato il momento di scegliere la via della trasparenza e della tutela di coloro che vivono nelle acque colpite dall’inquinamento delle industrie della moda”. Il brand si è così impegnato seriamente nella sua opera ambientale tanto da eliminare gli ftalati e gli alchilfenoletossilati entro questo anno, e i composti perfluoroclorurati entro il 2014, accettando dei tempi di eliminazione che sono più rapidi di quelli di qualsiasi altro brand coinvolto nella campagna Detox.
Dopo Levi’s, Zara e H&M, anche Benetton ha preso l’impegno di eliminare gli agenti chimici pericolosi dai propri prodotti e in tutta la catena di fornitura entro l’anno 2020. Un grande passo avanti da parte di un’altra azienda italiana, che attuerà politiche di trasparenza nei confronti dei suoi consumatori sulla propria filiera produttiva. Benetton è il tredicesimo marchio globale che si sta impegnando a ripulire la propria catena produttiva ed è il nono a fornire una data precisa, il 2015, per l’eliminazione completa delle sostanze chimiche tra cui i PFC (perfluorocarburi). Entro fine 2013 inoltre Benetton rivelerà i valori delle emissioni delle sostanze chimiche pericolose di ben 30 dei loro fornitori, 15 dei quali in Cina. L’azienda inoltre dichiara di garantire in questo modo a chi vive in prossimità di queste industrie, il diritto di conoscere esattamente cosa viene scaricato nell’ambiente in cui vivono.
Sulla base del principio di precauzione e prevenzione Greenpeace ha chiesto l’aiuto anche dei governi per un intervento istituzionale più ampio riguardante le politiche globali di gestione delle sostanze chimiche. L’approccio nuovo e consapevole auspicato dall’associazione ambientalista deve necessariamente includere il principio di sostituzione, secondo cui le sostanze chimiche dannose vengano sostituite progressivamente con quelle alternative e perché no, del tutto naturali provenienti dall’ambiente stesso. Il secondo passo sarà quello di isolare chi non rispetta queste norme e comprenderne le responsabilità.
Un’altra azienda, che ha deciso di aderire alla richiesta di Greenpeace per la salvaguardia del pianeta è la società comasca Canepa Spa, primo produttore di tessuti pregiati come la seta e il jacquard per le principali firme dell’ haute couture e del prêt-à-porter italiano e del mondo. Oltre ad aderire alla campagna Detox, l’azienda è diventata il primo produttore a livello mondiale a sottoscrivere pubblicamente il Detox Commitment. ” Siamo orgogliosi ad essere la prima impresa tessile al mondo a sottoscrivere il Detox Commitment di Greenpeace – ha dichiarato Elisabetta Canepa – Questo è il nostro contributo a una moda libera da sostanze tossiche che aiuterà i migliori brand dell’alta moda a produrre gli splendidi capi che sanno creare e che con i nostri tessuti avranno anche il pregio di non inquinare un bene prezioso come l’acqua”. In particolar modo Canepa richiederà all’80% dei propri fornitori di rivelare da gennaio 2014 i quantitativi delle sostanze chimiche pericolose emesse. Canepa ha inoltre incluso nell’eliminazione delle sostanze anche la metacrilammide, una sostanza che presenta elevati rischi per l’uomo, su cui l’azienda ha lavorato nei mesi precedenti all’impegno.
Dopo Valentino Fashion Group, prima azienda italiana a dare il buon esempio impegnandosi fermamente nella sfida lanciata da Greenpeace, ora è la volta dell’azienda comasca ad impegnarsi volontariamente nello sviluppo di materie e sostanze alternative a quelle pericolose per la salute del pianeta. Chiara Campione, Project leader di The Fashion Duel afferma, che dal lancio della campagna Detox i consumatori di tutto il mondo hanno fatto sentire la loro voce. A questi, per la prima volta nella storia della campagna ambientale di Greenpeace, si unisce un produttore, Canepa. “E se un’azienda come questa, che lavora per tutti i più importanti marchi del lusso, può impegnarsi così seriamente – continua Chiara Campione – non hanno davvero più senso l’indecisione di Gucci e Armani, la lentezza di Versace, Ermenegildo Zegna e Ferragamo e l’opposizione di Dolce e Gabbana, Prada, Chanel e Roberto Cavalli a ripulire le proprie filiere e i nostri vestiti dalle sostanze tossiche e dalla deforestazione”.
La domanda ora è quando queste e altrettante case di moda italiane e non saranno in grado di rispondere alle richieste dei consumatori e delle popolazioni locali, colpite dall’inquinamento delle proprie risorse idriche, smettendo di inquinare il pianeta e di investire invece nella moda che non costa nulla al pianeta?