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(S)concerti e appunti di viaggio on the road

SOUNDTRACK: Amici miei

Va bene, c’è crisi. Lo spread sale, la borsa scende, il Pil sta fermo.
Ma ogni tanto almeno un viaggetto ci vuole, che diamine.
E se l’aereo è un lusso per pochi, la nave una iattura per molti, la benzina un castigo di Dio, resta il buon vecchio treno a far sperare che lo svago sia ancora un diletto nazionalpopolare.

Il pellegrino che subisce il “fascino del binario” può essere un inguaribile claustrofobico. È oppresso dal pensiero che durante il tragitto la sua visuale si fermerà allo schienale del sedile di fronte e urterà contro il vetro oltre il quale tralicci elettrici e tangenziali saranno l’unico panorama. Avere con sé un libro, l’iPod, l’iPad, l’iPhone, tuttavia, potrebbe non bastare, per cui una capatina in edicola va fatta prima di partire. Un quotidiano a destra, uno a sinistra e uno al centro per il viaggiatore intellettuale, gazzette e corrieri per quello che «giocava a calcio finchè i legamenti non lo hanno tradito», un arcobaleno di riviste patinate per chi si diletta con le cronache di tutti i colori, perché «già il mondo è tanto triste».
Alla valigia e al sacchetto del bar si aggiunge, dunque, anche un personale bagaglio enciclopedico.

L’attesa della partenza s’imbatte in un numero altissimo di sentimenti.
La schietta commozione e quella trattenuta, l’amore appassionato e l’affetto caloroso, la gioia di andare e la tristezza di restare. Si levano mani e si celano lacrime. La famiglia che accompagna, la mamma che raccomanda, il fidanzato che giura, la figlia che promette. Alzi la mano chi è cattivo! Silenzio: è l’attimo in cui «si ama da morire». Ma il convoglio è insensibile alla nostalgia, fischia e parte.
Sistemare “l’arsenale” al seguito, innanzitutto. «Permesso», «Scusi, se la sposta un pochino entra anche la mia», «Giovanotto, ti dispiace aiutarmi?». La cortesia e la comprensione dei primi istanti sono le attitudini naturali di qualunque passeggero. Una volta accomodati, un artificioso silenzio invade la carrozza. Si dorme, si legge, si guarda un film al computer. Lenti sugli occhi, cuffiette nelle orecchie, penne nelle mani. Poi, «Biglietto, prego» ed ecco la fine della finzione: ognuno, lentamente, si attribuisce la licenza di scrivere una personalissima “nota musicale” nel “pentagramma in movimento” e inizia così un “concerto”, che diventa la sinfonia di una pittoresca cagnara.

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Un greve ronfare batte il ritmo, un colpetto di tosse segna le pause, la carta di una caramella e il mordicchio di un biscotto rallegrano la nenia. Poi, tutti insieme, intonano il ritornello di una chiacchiera confusa, breccia nel ghiaccio di una formale compostezza.
Il «governo ladro» s’imbatte nel «miracolo italiano», «la fine del mese» insorge contro «le rendite catastali» e il prontuario di frasi fatte raggiunge il picco del suo utilizzo.
Un via vai di gambe da sgranchire serpeggia sinuoso e il vociare di bambini che scalano poltrone disturba il cane tascabile che fa capolino dalla borsa, subito bloccato dal padrone, “progettista” di una moquette di patatine sbriciolate. È il culmine di una contaminazione che scambia di tutto, dal crackers alle ricette di cucina. L’intellettuale chiede di “sfogliare” la cronaca rosa “solo per curiosità, non per altro!” e l’esperta di Grande Fratello si concentra su bund, btp e tassi d’inflazione. L’addetto alla pulizia invoca la magia di un aspirapolvere che ingurgiti tutto, individui compresi. La meta è vicina: forza, raggiungerla è possibile!

Quando manca ancora mezz’ora, basta che uno solo inizi ad alzarsi perché si scateni una tacita gara a chi fa prima a raggiungere la porta. «Arrivederci», «è stato un piacere», «Allora ci sentiamo, eh?!» «Come no?! Sicuro!»L’arrivo è conquista. Di aria, di spazio, di udito. Gli orchestrali si allontanano: epilogo di un “concerto” a cui non si chiede di “bissare”. Chissà come mai…!

Photo credits “Amici miei”, web