La street art per una volta ha lasciato il proprio habitat naturale e si è trasferita sulle passerelle dell’Alta Moda. Infatti abbandonando momentaneamente le strade metropolitane, spesso grigie e degradate, ma veri e propri musei a cielo aperto costituiti da enormi tele murarie su cui artisti, anonimi e non, danno sfogo alla propria creatività, i murales sono diventati elementi scenografici e contemporaneamente soggetti delle sfilate di Miuccia Prada (vedi il video).
Ormai la critica sta dando il giusto valore a opere che assurgono ad avere dignità artistica a tutti gli effetti, non solo per come sono realizzate, ma anche per il messaggio sociale che veicolano (basti pensare alle opere del più famoso writer del mondo, Banksy). Non è un caso, infatti, che Prada, da sempre impegnata in ambito civile e politico, abbia voluto chiamare dei writer di fama internazionale, le cui gigantesche immagini decorano edifici di tutto il mondo.
Si tratta di Miles “El Mac” Gregor, Mesa, Gabriel Specter, Stinkfish, Jeanne Detallante e Pierre Mornet. Ognuno dei writer ha un proprio stile e utilizza tecniche diverse con richiami a modelli differenti, che vanno dalla pittura di Caravaggio a quella di Klimt, alla fotografia all’illustrazione agli stencil. Sono personalità artistiche dalla formazione spesso accademica e dai percorsi variegati, anche legati alla moda, ma tutti, attraverso la propria originalità creativa sembrano, esattamente come Prada, aver tenuto come punto di riferimento i murales del messicano Diego Rivera (marito della pittrice Frida Khalo), che attraverso i propri lavori esprimeva negli anni ’20 e ’30 i propri ideali comunisti di lotta per la libertà e l’uguaglianza sociale.
In questo modo la stilista che ha riprodotto le opere dei 6 anche sugli abiti da lei disegnati, ha lanciato un messaggio ben preciso. Non è certo la prima volta, infatti, che i vestiti sono stampati con immagini che riproducono icone di ogni periodo (basti pensare ai mosaici bizantini della collezione di Dolce e Gabbana), ma nel suo caso si tratta di qualcosa di diverso, perché le donne raffigurate da questi artisti vogliono essere emblema di una femminilità che rivendica il proprio ruolo attivo e combattivo nel mondo. In the Heart of the Moltitude è il titolo di questo lavoro artistico-sociale, in cui, in mezzo alla massa, ogni donna, sempre troppo poco presa in considerazione, deve emerge con la propria forte personalità, che qui è resa attraverso i tratti del volti, decisi e unici, tracciati con colori accesi e contrastanti, che richiamano anche quelli della Pop Art. Sono l’animo e la personalità femminili, così, a campeggiare ed essere portatrici del vessillo etico di Prada, così come lo sono a Città del Messico i murales di Rivera. Attraverso i volti che la stilista ha voluto riprodurre su accessori e abiti -che con i finti reggiseni ricamati sopra sembrano anche corazzati- emerge l’idea generale di una donna delicata, ma dalla personalità incisiva, che si fa largo a testa alta tra le difficoltà e il degrado metropolitano, in qualsiasi modo venga dipinta.
Del resto è lo stesso principio con il quale il writer Rone decora i muri di tutte le città del mondo abbellendoli con ritratti e manifesti di donna. Dall’Australia agli USA, dal Messico alla Germania, sembra che le sue gigantografie richiamino Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”. Come dire che solo la bellezza, quella interiore, data da una delicatezza d’animo che solo le donne possono avere, è in grado di rendere migliore ogni luogo, portando rinascita anche nel quartiere più degradato e fatiscente, così come in una società ancora maschilista e violenta.
A questo punto sta proprio alle donne di ogni età voler dimostrare di essere quello che Prada e Rone indicano al mondo, perché, come afferma la stilista: “L’abito è quello che ci rappresenta. I nostri vestiti non passano inosservati”. Dunque che ognuna si faccia un murale vivente, in qualsiasi strada di qualsiasi città.