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Pitti Bimbo: tre Alici nel Paese delle Meraviglie

Pitti Bimbo, ovvero la moda per Piccoli uomini o donne crescono. Sottotitolo: e a volte sembrano anche più vecchi di te, per come ragionano. Giovedì: sveglia ore 5, treno ore 7.20, destinazione Firenze. Oggi dovrò guadagnarmi la pagnotta, facendo da assistente di backstage per le sfilate di Vogue Bambino. So già cosa mi aspetta. O forse no, potrebbe sempre essere peggio. Il venerdì prima ho partecipato al fitting, ovvero vestire/svestire questi modelli in miniatura per ben 10 ore di fila ed era stato uno shock. Chissà oggi. Con gli occhi mezzi incrostati, mi vesto svogliatamente, sbagliando l’abbigliamento e indossando dei leggings troppo leggeri per i cinque gradi sotto zero che segna il termometro. Maledetta sveglia presto. Colazione veloce e poi in stazione, per il treno che mi porterà – si spera puntuale – in Centrale a Milano. Lì ho appuntamento con le altre due colleghe, o meglio Wannabe Journalist, come amiamo definirci, compagne di carriera e di vita negli ultimi mesi.

L’Eurostar ci porta dritto come un fuso nel cuore di Firenze, con addirittura qualche minuto d’anticipo. Ciao Firenze, non ti vedrò neppure oggi, ma mi han detto che sei bellissima. A piedi, ci dirigiamo a prendere il nostro pass Stampa, la tesserina che più tardi ci avrebbe aperto le porte del paradiso dei gadget… e anche quelle del backstage delle sfilate.

Entriamo in Fortezza ed ecco schiudersi un mondo fatato, fatto di casette simili a quelle di Babbo Natale, di colori e di piccoli folletti, che di lì a poco avrebbero calcato le passerelle che nemmeno Naomi Campbell. Alla fine, le più bimbe eravamo noi, con la bocca semi aperta in un “Oooh” di meraviglia. Beata innocenza.

Neanche il tempo di renderci conto di dove siamo, che è già ora di andare a preparare la prima sfilata. Chiuse in uno stanzino, riordiniamo gli outfit. Alici nello stanzino del Paese delle Meraviglie. Quando riemergiamo, veniamo catapultate direttamente nel backstage della sfilata, dove troviamo i piccoli modelli pronti per le prove. Li guardo e penso se per loro sia tutto un gioco, in fondo, camminare a tempo di musica sulla passerella. Un pensiero che dura lo spazio di un secondo, interrotto da due bambine che parlano tra di loro, discutendo sul fatto che una abbia rubato il lavoro all’altra, diventando la testimonial di Lelly Kelly. Lavoro? Rubato? Dieci anni? Vabbè. Un sentore che fossero dei piccoli mostri lo avevo già avuto al fitting, quando una bambina in camerino guarda me e la mia collega e ci chiede quante uscite aveva, visto che lei era una professionista. La scena alquanto imbarazzante mi aveva fatto sentire ancora di più una merda, considerando che una nana di dieci anni lavorasse più di me. Doppio vabbè.

Dalle prove allo spettacolo il passo è breve: ecco allora entrare l’esercito di vestiariste, pronte per vestire con tempi da pit stop che nemmeno la Ferrari questi folletti saltellanti. Tutti in fila, li prepariamo per la grande entrata: sembrano dei soldatini di terracotta. L’unica cosa che li rende un po’ umani è il fatto che all’ordine di stare zitti e composti, non ascoltino e ti ignorino, come si confà a degli esseri umani della loro età. Tiro un sospiro di sollievo.

Dieci minuti. Ecco dove finiscono tutti i tuoi sforzi per la preparazione: in dieci minuti di sfilata. Tempo di pausa pranzo. Abbiamo ben 45 minuti per trangugiare un piatto di pasta. Ma noi, donne sagge e scaltre, optiamo per dedicare questo tempo alla raccolta dei gadget più interessanti in giro per la fiera. Al cuor non si comanda, allo stomaco sì, forse. I nostri occhi si fiondano subito sulla bellissima borsetta che regalano nella casa fatata di Minifix. Ecco la nostra prima preda. Con la velocità di un avvoltoio, ci presentiamo all’ingresso, sfoggiando il nostro sorriso migliore, da bravissime giornaliste quali siamo. Il pass che portiamo al collo ci apre ogni porta, compresa quella che dà l’accesso alla tanto agognata borsetta. Tempo cinque minuti e siamo fuori, con al braccio il nostro trofeo e un sorriso 45 denti che nemmeno alla notte degli Oscar. Cosa non si fa per una borsa in più nell’armadio. Da lì, puntiamo il grazioso ombrellino che regalano fuori da Silvian Heach. Del resto, gli ombrellini sono come i soldi: non se ne hanno mai abbastanza. La nostra raccolta però si ferma lì: è già tempo di tornare al lavoro, ma non prima di ingurgitare con l’imbuto un piatto di pasta.

La borsetta Minifix

Anche qui, una volta giunte nel backstage, la procedura è la stessa, con la differenza che i bambini sono raddoppiati. Un po’ assistente di sfilata, un po’ baby sitter, un po’ Signorina Rottermayer (per il mio fare da caporale), cerchiamo di radunare le piccole pesti per le prove e la vestizione. Fatta la prima sfilata, la seconda è un gioco. Infatti, il tempo vola ed è già ora di riordinare.

Stanche e un po’ affamate, ci dirigiamo verso Santa Maria Novella. Alla fine, non abbiamo visto Firenze, non abbiamo visto il Pitti, non abbiamo visto nemmeno le nostre sfilate, che ci han detto essere state bellissime. Ma abbiamo una borsetta nuova da sfoggiare. E questo ci basta. 

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