Cosa hanno in comune un progetto di auto-produzione condivisa della moda, il mondo della prototipazione, l’invenzione di nuovi dispositivi per la produzione musicale e per quella del fashion system, e quant’altro con un dispositivo chiamato Arduino? Le parole chiave per risolvere questo rebus sono personal fabbing, prototipazione, interattività, contenuti tecnologici all’avanguardia, il tutto per costruire innovazione e nuove forme di economia locale sostenibile grazie al meccanismo dell’open source e dei Creative Commons. Tutto questo crea i FabLab.
Ma cosa sono in realtà i FabLab? Spazi nuovi appositamente creati per l’ideazione e realizzazione di oggetti, laboratori di creatività, piccole botteghe che producono oggetti grazie alle nuove tecnologie digitali. Dall’inglese Fabrication Laboratory, il FabLab è un luogo che offre servizi personalizzati per realizzare i propri prodotti utilizzando la tecnologia digitale. Inventore di questi particolari laboratori è stato Neil Gershenfeld, che li pensò come luoghi in cui si potevano fabbricare oggetti personalizzati in completa autonomia.
Denominata la “Terza Rivoluzione Industriale” per il suo nuovo modo di produrre qualsiasi cosa in 3D, attraverso strumenti di ultima generazione quali per l’appunto stampanti 3D, fresatrici a controllo numerico, aspiratori, laser cutter, materie prime di ogni genere, microprocessori e schede elettroniche, i FabLab grazie a questi nuovi strumenti sono in grado di trasformare un semplice progetto virtuale in un oggetto vero e proprio, annullando tutti i costi tipici del prototipo.
Il primo FabLab è stato aperto al MediaLab del Massachutts Institute of Tecnology di Boston nel 2003. Da allora sono stati censiti nel mondo ben 252 laboratori. In Italia questo tipo di progetto è arrivato molto tardi. Il primo laboratorio provvisorio è stato aperto a Torino nel 2011, in occasione della mostra “Stazione Futuro” per i 150 anni dell’Unità d’Italia, un’installazione con una piccola stampante 3D e una tagliatrice laser.
L’ingrediente principale che fa da motore a tutti i FabLab è la creatività. Sono spazi di condivisione, di contaminazione di mestieri diversi, designer e ingegneri in primis, ma generalmente per chiunque abbia una buona idea e voglia provare a realizzarla. Sono luoghi di ricerca grazie all’unione di conoscenze da parte di più menti.
Questi laboratori sono spazi aperti e i progetti sono condivisi in rete e vengono realizzati con strumenti “open”. Non è un caso infatti che il primo FabLab italiano, Officine Arduino, nato a Torino nel 2012, prende il nome proprio dal primo dispositivo basato sul microprocessore ATmega328 della ditta Atmel di tipo “open source” progettato ad Ivrea e diventato uno strumento indispensabile dei FabLab di tutto il mondo, in quanto consente facilmente di sperimentare a basso costo.
L’ultimo nato ha aperto a Milano, e si è specializzato su moda e design. Sono ormai più di 40 i FabLab italiani. Questi laboratori di fabbricazione, oggi specializzati sempre di più, rendono così accessibile a tutti l’utilizzo di macchinari in precedenza appannaggio dell’industria, e sempre di più seguono la logica del radicamento al territorio.
Si chiama WeMake, il nuovo markerspace milanese specializzato in moda e design. “Nella patria della moda italiana e mondiale – dice la co fondatrice Zoe Romano – vogliamo dare la possibilità a giovani stilisti e designer di trovare gli strumenti per realizzare le proprie collezioni e sperimentazioni”. Vengono messe a disposizione oltre alle classiche stampanti 3D, laser cut e schede di progettazione Arduino, anche macchine da cucire professionali e macchine per la maglieria. WeMake punta sull’innovazione cercando la collaborazione diretta con le aziende del settore con cui sperimentare i nuovi tessuti e materiali.
New entry nel mondo del FabLab anche San Marino dell’Argine a Mantova. Qui il laboratorio è specializzato in arte e cultura, mentre a Cava dei Tirreni il Mediterranean FabLab punta su architettura e smart city. A Trento invece ci si concentra sul settore educational e sui rapporti con le scuole, mentre quello di Reggio Emilia predilige la ricerca e lo sviluppo con le piccole e medie imprese del territorio. Il sogno che incorporano tutte queste strutture è che un giorno ogni persona potrà crearsi autonomamente le cose di cui ha bisogno. Un FabLab è dunque un luogo speciale, sopratutto in un periodo dove l’economia è in crisi. Voglia di costruire novità, realizzare sogni e fare innovazione sono gli obiettivi principali di questi laboratori artigianali.