“Infinite, infinite ragazze. La fila di bellezze circonda il National Gymnasium di Yoyogi, Tokyo, mentre il sole cocente del pomeriggio picchia sul pavimento di ciottolato. Non è il suolo ideale per i tacchi a spillo, ma nessuna delle ragazze sembra curarsene. E se lo fa, di certo non lo dà a vedere. Questo è il luogo dove si tennero i Giochi Olimpici di Nuoto e Tuffi del ’64, ma non è un evento sportivo quello che le ragazze stanno aspettando. Lo è, se considerate la moda uno sport. Queste giovani donne sono in fila per la Tokyo Girls Collection (TGC), un evento che non ha eguali sulla Terra”.
Brian Aschraft e Shoko Ueda, con questa pittoresca descrizione contenuta nel loro “Japanese Schoolgirl Confidential”, handbook inedito in Italia, introducono quello che a buona ragione viene considerato il più importante evento di moda di tutto il Giappone: la Tokyo Girls Collection. La nuova edizione, in programma il prossimo 3 settembre nella spettacolare cornice della Saitama Super Arena, è un’occasione per fare il punto della situazione sull’attuale moda made in Japan e sgomberare il campo dalla massa informe e supponente di notizie, spesso fuorvianti, diffuse in rete.
In Occidente, a partire dalla fine degli anni ’70 e fino agli inizi degli anni ‘90, moda giapponese ha significato soprattutto grandi stilisti che con le loro suggestioni sono stati fonte di ispirazione a livello mondiale. In seguito, l’attenzione mediatica si è focalizzata su subculture giovanili quali gyaru, gothic lolita, visual kei, fenomeni sociali e di costume che stuzzicano l’immaginario dei più estrosi, restando tuttavia circoscritti ad ambienti di nicchia. Sorprende invece che non si parli della moda giapponese “autentica”, quella che si indossa ogni giorno, quella alla portata di tutti, la moda che la TGC è orgogliosa di presentare al mondo fin dalla sua prima edizione, risalente al lontano agosto 2005.
La TGC, come si legge sulla homepage del sito ufficiale, è “un festival biannuale della moda di proporzioni ineguagliate che ha luogo dal 2005, il cui assunto è “portare nel mondo “i veri capi d’abbigliamento” del Giappone””. A differenza dell’haute couture che sfila sulle passerelle di Milano, Parigi, New York e Londra, quella della TGC è una moda accessibile, composta di un vestiario che può essere acquistato da chiunque, e in tempo reale. Ecco come: usando i loro cellulari, le partecipanti si registrano online al portale GirlsWalker.com. Dopodiché, durante l’evento, passano in rassegna sui display dei loro telefonini gli abiti che vedono sfilare in passerella. Se trovano ciò che le aggrada, acquistano direttamente sul posto con carta di credito, bonifico bancario o in contrassegno alla consegna, il tutto via cellulare. Se non vogliono acquistare online, le ragazze possono visitare in seguito gli store che espongono le novità apparse on stage.
Non si tratta soltanto di brand nazionali. Colossi come Maybelline New York hanno il proprio stand. “Non ci sono molti eventi a cui prendono parte ventimila giovani donne”, afferma Junko Mizobuchi di Maybelline. “Questo è più di uno spettacolo di moda, e riflette la realtà della moda giapponese meglio della Tokyo Fashion Week” rincara Marie, famosa modella metà giapponese metà canadese, divenuta una star della TV. E sottolinea: “Sono vestiti che le ragazze possono acquistare davvero mentre sono presentati in passerella e questo è ciò che rende la TGC così innovativa”.
Ma la TGC non è solo moda. È anche musica, intrattenimento, spettacolo di luci e laser, come in un concerto. J-pop e J-rock si fondono in passerella con il catwalk di giovani cantanti e attrici che ancheggiano divertite insieme alle modelle, sfilando sorridenti nel tripudio di migliaia di fan accanite. Nessuna top model dal volto tirato e cupo dunque, ma ragazze briose che sgambettano come in un gioco tra amici. Non c’è da sorprendersi. La TGC riflette il background culturale del Giappone, e lo fa in modo divertente, poiché l’elemento ludico è parte integrante della cultura giovanile metropolitana.
La TGC è l’espressione di una moda tutta al femminile, giovane e mutevole. Gli accostamenti sono originali e fantasiosi, inconsueti per i nostri parametri di giudizio, ma mai privi di eleganza. Nella composizione la vestibilità è esaltata all’insegna del confort. La sensazione è che le donne giapponesi indossino l’abito occidentale quasi fosse uno yukata, il che sembra avvenire inconsapevolmente, alla ricerca di un’ariosità e di una libertà di movimento che trovano la loro perfezione nell’abito tradizionale. In tal senso, una scelta comune è il one piece con aggiunta di cardigan nei mesi caldi, gonne lunghe con maglioncino in inverno, per permettere al corpo di muoversi in scioltezza tra la folla in strada e in metropolitana. Recentemente anche la moda uomo sta evolvendo verso nuove forme, dove allo stile casual si unisce la ricercatezza del dettaglio.
Tempio del fashion femminile giapponese è l’edificio 109 a Shibuya, nel cuore pulsante di Tokyo. L’“Ichi-maru-kyuu”, letteralmente “uno-tondo(=zero)-nove”, ospita i brand più famosi, molti dei quali partecipano alla TGC con le loro collezioni Primavera/Estate o Autunno/Inverno. Il 109 è un paradiso femminile di nove piani che toglie il respiro; un pantone di colori su cui l’occhio fatica a soffermarsi per più di qualche secondo; un collage di tessuti che esaltano la femminilità delle figlie del Sol Levante. Gli abiti sembrano scolpiti sulle loro delicate silhouette. E penso subito a firme come Liz Lisa, il cui brand concept è “Esaltiamo lo charm delle ragazze attraverso una commistione di stile trendy e retro”. O a LAISSE PASSE, Chesty, rich. E ancora, ad aquagirl ON THE STREET, BEAMS, CECIL McBEE.
Naturalmente, vicino al tempio della bellezza femminile non poteva mancare quello dedicato ai maschietti. Poco distante dal 109 si erge infatti il 109 Men, dove lo stile urban/hip-hop è di casa. È qui che il maschio un po’ galletto un po’ bulletto si veste per sedurre la bambola di porcellana del palazzo accanto. A volte lui è un po’ kitsch, con catenine di metallo e orsacchiotti penzolanti dai pantaloni. Ma che ci volete fare, alle ragazze di Shibuya piace così!
Ora devo andare. Sullo schermo della Saitama Super Arena un orologio digitale ha dato inizio al countdown.
Ottimo articolo, Gennaro. Mi è piaciuto molto il discorso del portale su cellulare che permette l’acquisto in tempo reale degli abiti, e la descrizione dei due palazzi 109, dove sono stato personalmente, hai reso perfettamente l’emozione che si prova.